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Full text of "Collezione di monografie illustrate"

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4    ETRURIA  MERIDIONALE 


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Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2011  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/collezionedimono48berg 


Colle/ione  di  Monografie  illustrate 

Scric  ITALIA  ARTISTICA 

DIREI  IA  da  CORRADO   I^ICCI. 

l 'ohi mi  pubblicali  : 

i.  RAVENNA  di  Corrado  Ricci    vii  Edizione,  con  156  MI  ut. 

2.  FERRARA   «■  POMPOSA  di  Oiuseppi    Aonblli.  ni    ! 

con  138  illusti 'azioni. 

3.  VENEZIA  di  Pompeo  Molmenti.    Ili  Edi/.,  con  140  lllut. 
i   OIROENTI   di    Serafino  Rocco;  da   SEOESTA  i  SELI 

NUNTE  ili  Enrico  Maucbri,  con  101  illustrazioni. 

5.  LA  REPUBBLICA  DI  SAN  MARINO   di   Corrado  Ricci. 

II   adizione,  con  96  illustrazioni. 

6.  URBINO  di  Giuseppe  Lipparini.  Il  Edi/,  con  116  illus. 

7.  LA  CAMPAGNA  ROMANA  di  Ugo  FLERES,  con  112  illus. 

8.  LE  ISOLE  DELLA  LAGUNA  VENETA   di   P.  Molmenti  e 
D.  Mantovani,  con  119  illustrazioni. 

9.  SIENA  d'ART.  Jahn  Rusconi.  II  Ed.,  con  153  illustrazioni. 

10.  IL  LAGO  DI  GARDA  di  Giuseppe  Solitro,  con  128  illus. 

11.  SAN  GIMIGNANO  di  R.   Pàntini.  II  Ediz.,  con   153  ili. 

12.  PRATO  di  Enrico  Corradini  ;  MONTEMURLO  e   CAMPI 

di  G.  A.  Borgese,  con  122  illustrazioni. 

13.  GUBBIO  di  Arduino  Colasanti,  con  114  illustrazioni. 

14.  COMACCHIO,  ARGENTA  E    LE    BOCCHE    DEL    PO    di 

Antonio  Beltramelli,  con  134  illustrazioni. 

15.  PERUGIA  di  R.  A.  Gallenga  Stuart.  II  Ed.,  con   168   ili. 

16.  PISA  di  I.  B.  Supino,  con  147  illustrazioni. 

17.  VICENZA  di  Giuseppe  Pettina,  con  147  illustrazioni. 

18.  VOLTERRA  di  Corrado  Ricci,  con  166  illustrazioni. 

19.  PARMA  di  Laudedeo  Testi,  con  130  illustrazioni. 

20.  IL  VALDARNO  DA  FIRENZE    AL    MARE  di  Guido   Ca- 
rocci, con   138  illustrazioni. 

21.  L'ANIENE  di  Arduino  Colasanti.  con  105  illustrazioni. 

22.  TRIESTE  di  Giulio  Caprin,  con  139  illustrazioni. 

23.  CIVIDALE  DEL  FRIULI  di  Gino  Focolari,  con  143  ili. 

24.  VENOSA  E  LA  REGIONE  DEL  VULTURE    di    Giuseppe 

De  Lorenzo,  con   121   illustrazioni. 

25.  MILANO,  Parte  I.  di  F.  Malaguzzi  Valeri,  con  155  ili. 

26.  MILANO,  Parte  IL  di  F.  Malaguzzi  Valeri,  con  140  ili. 

27.  CATANIA  di  F.  De  Roberto,  con  152  illustrazioni. 

28.  TAORMINA  di  Enrico  Mauceri,  con  10S  illustrazioni. 

29.  IL  GARGANO  di  A.  Beltramelli.  con  156  illustrazioni. 


Collezione  di  Monografie  illustrate 


30.  IMOLA  E  LA  VALLE  DEL  SANTERNO  di    Luigi  Orsini, 
con   161   illustrazioni. 

31.  MONTEPULCIANO,  CHIUSI  E  LA  VAL  DI  CHIANA  SE- 
NESE di  F.  Bargagli-Petrucci,  con  166  illustrazioni. 

32.  NAPOLI,  Parte  I.  di  Salvatore  di  Giacomo,  con  192  ili. 

33.  CADORE  di  Antonio  Lorenzoni.  con  122  illustrazioni. 

34.  NICOSIA,  SPERLINGA,  CERAMI,    TROINA.  ADERNO'   di 
Giovanni  Paterno  Castello,  con  125  illustrazioni. 

35.  FOLIGNO  di  Michele  Faloci  Pulignani,  con  165  illustraz. 

36.  L'ETNA  di  Giuseppe  De  Lorenzo,  con  153  illustrazioni. 

37.  ROMA.  Parte  I.  di  Diego  Angeli,  con  128  illustrazioni. 

38.  L'OSSOLA  di  Carlo  Errerà,  con  151  illustrazioni. 

39.  IL  FUCINO  di  Emidio  Agostinoni.  con  155  illustrazioni. 

40.  ROMA,  Parte  II.  di  Diego  Angeli,  con  160  illustrazioni. 

41.  AREZZO  di  Giannina  Franciosi,  con  199  illustrazioni. 

42.  PESARO  di  Giulio  Vaccaj,  con  176  illustrazioni. 

43.  TIVOLI  di  Attilio  Rossi,  con  166  illustrazioni. 

44.  BENEVENTO  di  Almerico  Meomartini,  con  144  illustraz. 

45.  VERONA  di  Giuseppe  Biàdego.  con  174  illustrazioni. 

46.  CORTONA  di  Girolamo  Mancini,  con  185  illustrazioni. 

47.  SIRACUSA  E  LA  VALLE  DELL'ANAPO  di  Enrico  Mau- 
ceri,  con  180  illustrazioni. 

48.  ETRURIA  MERIDIONALE  di  Sante    Bargellixi,   con  168 

illustrazioni 


TRADUZIONE  IN  LINGUA  INGLESE 
Serie  Artistic  Italy 

RAVENNA  by  Corrado  Ricci. 

VENICE  by  Pompeo  Molmenti.  Translated  by  Alethea  Wiel. 

TRADUZIONE  IN  LINGUA  TEDESCA 
Das  Kunstland  Italien 

VENEDIG  von  Pompeo  Molmenti.  Deutsch  von  F.  I.  Bràuer. 
TRIEST  von  G.  Caprin.  Deutsch  von  F.  I.  Bràuer. 
DER  GARDASEE  von  Giuseppe  Solitro.    Deutsch   von    F.  I, 
Bràuer. 


COLLEZIONE 


di 


MONOGRAFIE    ILLUSTRATE 


Serie  I.a  -   ITALIA  ARTISTICA 

48. 


ETRURIA  MERIDIONALE 


1 


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SANTE  BARGELLIN] 


ETRURIA  MERIDIONALE 


CON    L68   ILLUSTRAZIONI 


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BERGAMO 
ISTITUTO  ITALIANO  D'ARTI  GRAFICHE  -  EDITORE 

1909 


TUTTI    I    DIRITTI    RISERVATI 


Ofììcine  dell'Istituto   Italiano  d'Arti   Grafiche  -  Bergamo 


INDICE  DEL    I  ESTO 


Anguillara 

l'i. strilo 

acquedotto    di     Traiano      ........ 

Bonricovcro 

Bracciano    ............    's.  82 

Castello  Orsini    ..........     82 

-  (Lago  di) iv.    >6 

(.  lapranica  di   Sul  ri 103 

Casa  dove  alloggiò  il  Petrarca  .  .  ,116 
s.  Francesco 103 

Madonna    elei    Piano US 

Monumento   degli   Anguillara   .     .  .     .104 

Ospedale 112 

(  Irocicchie  . 18 

Giustiniana      .  30 

Grotta  Campana ,  42 

Isola   Farnese 31 

Lago  di   Bracciano ls 

Maccarese .56 

Ponte  Molle     . .      18 

Sepolcro  di  Nerone 2C) 


Storta 

Siiti! 

.141 

(  lasale  dei   I  .... 

i  atacombe  o  S.  Già 

(  "ii  i  >  i  a  di  S.  !M  •  a 

I  >uomo .         

<  frotta  d'«  )rlando     ........ 

—  Madonna  del    Parto . 

S.  Maria  Assunta    .........    12i 

l'ala/./.  >  di  (  !  i rio   Magno      .     .     .     .     .     .   1  ',■> 

-  Porta  Vecchia    .......... 

-  Tombe  etrusehe       .  

Villa  Savorelli    ........     130,   Ul 

Torre  delle  Cornacchie 

Tre  vignano 

—  Castello  Orsini    .......... 

—  S.   Maria    Assunta   ......  ,"" 

Veio 

Via  Cassia 27 

Vicarello .  .75 


INDICE  DELLE   ILLUSTRAZIONI 


Anguillara  : 

Castello  Orsini 63 

—  La  rocca .65 

—  Parte  interna 63 

Cattedrale  —  Madonna  della  Torre       ...  64 

Emissario  del  lago 62 

Mura  di  S.  Stefano  —  Particolare    ....  32 

—  Veduta  generale 49 

—  vedute  da  un  lato 51 

—  Interno   .  54 


Mura  di  S.  Stefano  —  L'n  lato     .....  55 

Panorama    .  ^5 

—  con  veduta  del  lago 58 

—  da  levante .  5Q 

—  dal  lago 57 

Porta  del  paese    ...........  5o 

Rudere  di  un'  antica  villa    romana,    poi  Con- 
vento di  S.   Stefano 50 

Strada  principale 60 

Veduta  di  due  strade ol 


ÌNDICE  DELLE  ILLUSTRAZION] 


Bracciano  : 

•  elio  (  )rsini 85 

Affresco  di   Antoniazzo  Romano  ....  88 

Particolare 89 

Braciere   in  ferro  battuto UH 

Bronzino:  La  famiglia  Medici  (quadro  già 

nel  Castello) 98 

I Insto  del  card.  Orsini 99 

—  Busto  d'Isabella   Orsini 99 

-  Caminetto 100 

Cassoni 102 

-  Cortile    .     . 91 

—  Cucina .91 

Inginocchiatoio  in  legno 102 

—  Ingresso      . 87 

Letto  siciliano     .           100 

-  —  Particolare 101 

-  Loggia  nel  cortile  .....           ...  90 

Portacatino  in  ferro  battuto 101 

Ritratto  d'Isabella  Orsini  nubile       ...  98 

Sala  dell'Impresa 92 

-   Affreschi  degli  Zuccari       .  .      .94,   95 

—  Sala  del  Trittico 92 

Sala  detta  del  Pisanello  —  Affreschi   .     .  97 

—  Sala  Rossa 93 

Sala  di  ricevimento 93 

-  Soffitto  della  Sala  nuziale  (Zuccari)      .     .  96 

—  Soffitto  della  seconda  Sala  ......  96 

—  Torre  della  Tortura 83 

—  Veduta  della  via  principale   del  paese       .  84 

Il  lago 82 

Panorama 83 

Capranica  di  Sutri  : 

Casa  dove  alloggiò  il  Petrarca 118 

—  Montenero 115 

Chiesa  della  Madonna  del  Piano  .     .      .111 

—  Morte  della  Madonna  (Zuccari)    .     .  .113 

—  Nascita  della  Madonna  (Zuccari)      .     .      .113 
Chiesa  delle  Grazie       .........  114 

Chiesa  di    S.    Francesco    —     Monumento    ai 

conti  Anguillara 109 

—  —  Parte  centrale    . 108 

—  —  Parte  superiore       ........  109 

—  S.  Antonio  (affresco)    ...           ....  HO 

Chiesa  di  S.  Maria  -      Tabernacolo       .     .     .112 

Le  grotte 104 

Nosocomio  —  Architrave  .     .     .     .      .     .117 

—  Porta      . 116 

Panorama 103 

—  da  levante 105 

Porta  del  Castello  Anguillara  .....      .  107 

Via  di  sotto  le  mura  ...  .  .  ,106 


Isola  Farnese: 

Camposanto  e  valle  del  Cremerà       .  27 

Cascata  e   mulino  sul  Cremerà 29 

L'(  Jspedaletto  .......          ....  26 

Palazzo  baronale 24 

Panorama 23 

Porta  del  paese 25 

Via  della  Mola  e   Palazzo  baronale  ....  28 

Roma  : 

Buon  Ricovero     . 21 

Giustiniana  —  Una  strada 21 

Piazza  del  Popolo 14 

Ponte  dell'Acqua  Traversa 18 

—  Milvio  e  torrione 16,    17 

Porta  del  Popolo  —  Case  dei  trogloditi  .     .  15 

—  dall'esterno 148 

Tomba  di  Nerone    .     .           .......  19 

Torre  delle  Cornacchie     ........  20 

Via  Trionfale  —  Casale .  22 

Sutri  : 

Anfiteatro 147 

Antico  Borgo  .     .          137 

—  Mura 137 

—  Ruderi 125 

Avanzi  della  chiesa  di   S.   Fortunata     .     .     .133 

Casa  Capotondi 123 

—  del  poeta  Anguillara .  123 

-—  di  Pilato  e  delle  Maestre  in  piazza  S.  Fran- 
cesco   122 

Casale  Francocci      ....           .....  141 

—  Le   mura .  134 

—  Ruderi  della  chiesa  di  S.  Stefano    .     .     .140 
Chiesa    della   Madonna    del    Parto  -  -    Affre- 
schi  142,  143 

—  Esterno 133 

—  Interno 133 

Chiesa  delle   Monache  —  Visita  di  Gesù  alle 

sorelle  di  Lazzaro .143 

Columbarium  sopra  alla  Mola       .....  138 

Duomo .  131 

—  Altare  del  sec.  XVI     .          132 

—  Campanile  e  Porta  Vecchia 126 

—  La  cripta 131 

—  Pittura  bizantina 130 

Grotte  della  Mola 133 

Mura  e    Porta   delle   Piazze .129 

Ospedale  e   mulino  elettrico     ...      ...  1-9 

Palazzo  Comunale  —   Sala   capitolare   .     .      .128 

—  Sfinge 128 

Panorama 120 

Piazza  della  Rocca  .                               ...  124 


INI  >l<  F    MIN     IU.USTN  \/l'      i 


Piazzi  littorio  E  manuale    . 
Ponto    tulli   \  i;i  <ii     ni  1 1  . 
Porti   Ri 'Mi.i n.i 

Verrina  ...... 

Rocce  tufoniche  «•     eminario  . 
R  udei  i  del  pa  lo  •   o  del  to  di  Cirio   M 
.1  eofftgo  In  pie     i    I,  I  ra  nceico 

T< 'ini ie  ri  i  n  tene  b  Fonte  Fogl iel  tu  . 
nelle   Via  i    i    tia     ........ 

Via  di   P( >i  i  .i    M oroni  «•  Te  il a  «li   Mulo 

\  i  Ila    Sa\  01  l'Ili 

Chiesa    .........         . 

Panorama 

Trevignano  : 

(  lapanne  sulla  via  di   I tracciano 
*  .i  ie  rust  iche  a  1    poi  I  o 

Chiesa    di    S.    Maiia    Assillila  Affi 

— -  Particolare  di  dipinto 
Transito  della   Vergine 

—  —    Particolare 

—  Trittico  bizantino 
Panorama     .... 
Porta  del  paese  e  il  diruto  Castello 
Rocca  Orsini   dall'alto       .     . 

—  Mura       ......... 

—  Ruderi    ...  .  ... 


1  !  ' 


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27 

i 
i  i 


VciO  : 

del  Po 

<  olumbarium  . 

1  '  ■ 
i  o   io  di  1 

lllti    Tip)     , 

Parti 

romba  etnisca   , 

i 

Po  la  statua  di  1 

Mon  .    . 

Mura  dalla   parte  nord 

—  della  l'orla   <  lapena 
Ponte  Sodo      ..... 

Toi  re  di  (  lasalotto  .  ... 

Vicarello  : 

Stabilimento  termale     ... 

Viale  dell'Istituto  Germanico    .         . 

Vigna  Grande       .  .... 

—  Ruderi  di  bagni  romani    . 
Villa  dell'Istituto  Germanico 
Villa  Grande  —   ingresso 


78,   -   . 


76 


ETRURIA  MERIDIONALE 


arco  Terenzio  Varrone,  che  morì  27  anni  prima  di  Cristo,  diceva  già  che 
Roma  era  così  piena  di  statue  che  un  altro  popolo  di  marmo,  aguale 
nel  numero,  guardava  immobile  passare  il  popolo  vivo,  giù  per  le 
piazze  e  le  vie. 

E  Roma,  a  quell'epoca,  era  ben  lontana  dall' aver  raggiunto  il  massimo  del  suo 
splendore  monumentale.  Che  cosa  avrebbe  detto  il  vecchio  e  buon  bibliotecario  di 
Augusto  se  avesse  potuto  veder  poi  la  Roma  del  tempo  di  Costantino  o  quella  che 
Claudiano  accennava  ancora,  nei  suoi  versi  un  po'  enfatici,  agli  sguardi  meravigliati 
di  Onorio  ? 

Riprendendo  il  paragone  noi  potremmo  dire  che  un  morto  popolo  di  città  se- 
polte giace  ora  presso  o  sotto  le  vive  città  d' Italia.  Dovunque  il  piccone  dello  sca- 
vatore o  la  zappa  del  contadino  o  il  suo  aratro  si  affondino  appena  un  poco  di  più. 
subito  balzano  allo  sguardo  dell'artista  e  dell'archeologo  o  fittili  vasi  dipinti,  o  bronzi 
di  egregia  fattura,  armi,  suppellettili,  statue,  o  intiere  città  sepolte,  come  l'etnisca 
Marzabotto,  e  la  cui  storia  giunse  a  noi,  secondo  l'espressione  del  Xiebuhr,  0  simile 
a  tocco  di  campane  di  città  sprofondate  nel  mare   ». 

Tutti  gli  abitanti  della  vasta  terra  sono  figli  del  passato,  ma  questo  passato  non 
lasciò  in  nessuna  parte  di  essa  tanti  tangibili  segni  quanto  da  noi  e  di  tutti  i  vari 
popoli  —  Liguri,  Italici,  Umbri,  Pelasgi,  Campani,  Bruzzi,  Lucani,  Veneti  —  :  nessun 
popolo  d' Italia,  tranne  il  Latino,  ci  lasciò  tanti  ricordi  di  vita  e  di  civiltà  quanto  il 
popolo  etrusco.  Misterioso  popolo  che  dalle  Retiche  alla  Campania  occupò,  un  tempo, 
la  maggior  parte  d'Italia  e  la  cui  lingua  misteriosa  ed  inintelligibile  costituisce  oggi 
il  problema  più  passionale  della  moderna  filologia. 


I] 


ITALIA  ARTISTICA 


siamo  infatti  riusciti    a    decifrare    i    geroglifici    egiziani  e  le  scritture  cunei- 
mi  di  Babilonia  e  di    Ninive,    ma  le  iscrizioni  etnische   1  attendono   ancora  il  loro 
Champollion  e  contengono  per  noi  del  pensiero  fossile.  Si  potrebbe  dire  di  esse  quello 


ROMA  —  PIAZZA  DEL  POPOLO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


1.  Quando  io  parlo  d'  iscrizioni  intendo  qui  accennare  ad  iscrizioni  che  non  si  limitino  alle  più  semplici  funerarie, 
ma  sibbene  a  quelle  che  possano  offrire  un  accenno  ad  importanza  letteraria.  Iscrizioni  come  questa:  Pup  Velimna 
Ali.  Cullati  al  (Publio  Volumnio  figlio  di  Aulo  nato  da  Cafazia)  sono  facilmente  interpretabili,  ma  fanno  avanzare  il 
pensiero  umano  ben  poco  verso  la  risoluzione  di  questo  problema  linguistica  cui  si  riattacca  così  strettamente  il  pro- 
blema delle  origini  di  Roma. 

Nò  tutto  è  veramente  tenebra  nel  linguaggio  etrusco,  ma  il  conoscere  il  valore  di  alcune  parole  e  di  alcune  espres- 
sioni non  ci  dà  pur  troppo  alcun  diritto  a  crederci  sulla  via  di  una  più  larga  interpretazione  di  questa  lingua,  né  più 
né  meno  che  il  conoscere  una  ventina  di  vocaboli  di  una  lingua  dia  il  diritto  ad  un  individuo  di  credere  di  conoscere 
la  lingua   stessa. 

Intanto,  ed  unicamente  a  titolo  di  curiosità,  offro  qui  al  lettore  un  esempio  di  qualche  parola  etrusca  :  pitia  = 
moglie  ;  sec  z=  figlia  ;  clan  z=  figlio  ;  vii  z=  anno  ;  tivr  =  mese  ;  e  =  e  ;  hipiice  ==  mori  ;  amee  =  era  ;  eca  siithi  oppure 
mi  suthi  o  anche  semplicemente  mi  =z  qui  giace  ;  Fufluiis  =  Bacco  :  Tina  =  Giove  ;  Uni  z=z  Giunone  ;  Usti  =  Sole  : 
Tiv  =2  Luna;  Sethlans  =  Vulcano  ;  Turali  =  Arenere  :  Turmus  =  Mercurio  :  ecc. 

Sino  ad  ora  non  si  conosceva  alcun  brano  di  letteratura  etrusca  e  questo  era  uno  degli  argomenti  per  Ja  mancata 
interpretazione.  Tutto  quello  che  possedevamo  erano  iscrizioni  funerarie,  elenchi  di  nomi  ecc.  Ma  nella  fine  dello  scorso 
secolo  fu,  nel  Museo  di  Agram  in  Austria,  scoperto  che  la  tela  avvolgente  una  mummia  egiziana  era  tutta  coperta  di 
caratteri  etruschi.  Noi  abbiamo  cosi  un  vero  brano  di  letteratura  etrusca:  ma  nonostante  gli  studi  dei  dotti  la  inter- 
pretazione sicura  ci   sfugge  per  il  momento.  Ecco  un  esempio  del  testo  etrusco  in  questione  : 

ceia  Ina  et  nani  ciz  vacl  trin  velthre 
male  ceia  hia  etnam  ciz    vacl  ais  vale 
male  ceia  Ili  a  tvinth  etnam  ciz  ale 
male  ceia  hia  etnam  ciz  vacl  vile  vale. 


PORTA  DEL  POPOLO    CASH  DEI  TROCI.OM  I  I. 


(Fot.    I.    I.   'l'Art:    I 


PORTA  DEL  POPOLO  —  CASE  DEI   TROGLODITI  —  INGRESSO. 


(Fot.  I.  I.  d'Art:  Granché.» 


Il 


ITALIA   ARTISTICA 


elio  l'illustre  archeologo  Boni  diceva  —  con  tanta  poetica  vivacità  —  de'  pozzi  del- 
l'epoca repubblicana  scoperti  nel  Foro:  «  Essi  sono  de1  plichi  suggellati  da  2500 
anni  ».  —  Ma  se  que'  pozzi  repubblicani  poterono  essere  scavati  e  ci  dettero  tutto 
il  loro  segreto  di  suppellettile  stratificata  dall'uso  secolare,  il  linguaggio  etrusc 
un  plico  suggellato  da  ben  più  forti  suggelli  ed  attende  ancora  la  mano  potente 
che  T  apra. 


PONTE  MILVIO  E  TORRIONE. 


(Fot.   I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Modesto,  ma  appassionato,  cultore  di  archeologia  etrusca,  io  avevo  sperato,  so- 
gnato, di  poter  ripetere  per  questo  volume  dell'Italia  Artistica  il  viaggio  che  l'inglese 
George  Dennis  l  fece,  or  sono  oramai  sessant'anni,  attraverso  tutte  le  principali  città 
etnische  d'Italia.  Poi,  visto  che  la  materia  avrebbe  oltrepassato  infinitamente  i  limiti 


1.  Di  questa  opera,  che  è  forse  la  più  geniale  e  la  più  adatta  ad  un  principio  di  studi  d' etruscologia,  veniva  ulti- 
mamente ristampata  un'edizione  economica  nella  collezione  inglese:  Everymciìi's  library,  cdited  by  Ernest  Rhys. 

Ma  l'opera  non  conteneva  di  nuovo  altro  che  una  dotta  prefazione  del  prof.  W.  Ni.  Lindsay.  Troppo  poco  in  con- 
fronto a  tutto  il  nuovo  materiale  di  studi  ! 

Io  credo  che  poche  cose  sarebbero  così  utili  all'incremento  di  questo  ramo  della  scienza  archeologica  come  il  ripe- 
tere adesso  il  viaggio  di  George  Dennis,  corredando  l'opera  di  un  vasto  materiale  fotografico  e  di  tutto  il  nuovo  sussi- 
dio scientifico  che  si  è  venuto  accumulando  in  oltre  mezzo  secolo  di  attività  archeologica.  Un'  opera  così  onorerebbe 
l'editore  che  l'intraprendesse  e  dovrebbe  avere  anche  un  successo  pecuniario  perchè  essa  offrirebbe  una  triplice  attrat- 
tiva :  archeologica,  storica  ed  artistica. 


I   i  ri   i:i  \    MIklhH  ).\.\l.l 


K 


di  questa  pubblicazione,  volli  ridurre  II  mio  itinerario  ali    • 

più  fuori  di  mano  ;  quelle  dove  nessun  fis<  hio  di  I 

1,111, in/. i,  quelle  dove  non  passa  nessun  touriste,  dovi    non  ente  < 

Ispettore  «li  scavi  ministeriali  <•  che  sono  issiduamen  li  arch 


PONTE  MILVIO  —  IL  TORRIONE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche  . 


logi  inglesi,  americani  o  tedeschi  e  da  qualche  occhiuto  e  rapace  scavatore  che  lavora 
per  conto  proprio  a  depauperare  ogni  giorno  di  più  questa  miniera  d'arte  che  è  il 
sottosuolo  d'Italia. 

Ma  anche  questo  itinerario  eccedeva  i  limiti  di  questo  testo  ed  io  finii  col  ras- 
segnarmi a  circoscrivere  il  mio  viaggio  tra  le  rovine  sconsolate  della  morta  Veio,  i 
vecchi  ma  sorridenti  paeselli  del  lago  di  Bracciano,  Capranica,  e  Tanti chissima  Sutri, 
porta  d'Etruria. 

Non  ebbi  a  pentirmene  perchè  mi  trovai  ad  aver  guadagnato  in  intensità  quello 
che  potevo  aver    perduto    in    vastità    di    osservazione  ;    spero    non  avrà  a  pentirsene 


i8 


ITALIA    ARTISTICA 


nmeno  il  lettore  se  vorrà    seguirmi    attraverso    questi  pochi  paesi   di   quell'Etruria 
si  dette  il  nome  di   Meridionale  per  distinguerla   dall'altra,  ancora  più  a  sud,  che 
prende  il  nome  di  Campaniana. 


Il  cielo  era  grigio;  il  grigio  cinereo  delle  brutte  giornate  di  Roma,  ma  nell'a- 
nima mia  c'era  il  sole.  Nessun  piacere  e  nessuna  gioia  equivalgono  al  momento  della 
partenza  per  un  viaggio  d'arte  in  chi  ha  nel  cuore  l'amore  per  questa  serena  e  mul- 


PONTE  DELL'ACQUA  TRAVERSA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


tivola  dea  ;  ed  io  dopo  essermi  infilato  gli  stivaloni  da  caccia,  passato  —  come  un 
buon  tedesco  —  il  mio  sacco  da  viaggio  sul  dorso  e  —  come  un  buon  italiano  — 
il  mio  fucile  ad  armacollo  scesi  le  scale  della  mia  casa,  percorsi  lo  scenario  solenne 
di  Piazza  del  Popolo  e  dopo  aver  traversato  Varco  che  la  supina  e  volpina  servilità 
di  Alessandro  VII  innalzò  al  fausto  felici  ingressui  della  brutta  pazza  voluttuosa  e 
delittuosa  Cristina  di  Svezia,  presi  la  strada  per  Ponte  Milvio. 

A  piedi  :  perchè  strada  facendo  volevo  vedere  lì,  a  mezzo  chilometro  dalla  porta 
principale  di  Roma  e  in  questo  anno  1907,  il  paese  dei  trogloditi,  nella  sua  piena 
fioritura  di  vita. 

Il  mio  geniale  amico  Ugo  Fleres  ha  già  parlato  in  uno  di  questi  fascicoli  —  La 


l  l  r  i  r  I  \   MEKII  >i<  >NALF 


(  Campagna  Romana        «li  qu<  sti  pov(  ri  pop >lani  i  he 

la  moglie  e  i  figli  .sul  lastrico  antico,  ma  incomodo,  «li  I  ' 

In  queste  grotte  che  il  tempo  e  i  pastori  •>  i   malandi  nel  tu t- «  n 

facile  di  questi  monti   Parioli.  E  li   i  nno,    vivendo    tu 


TOMBA  DI   NERONE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche  . 


dei  loro  pochi  stracci  in  quegli  antri  anneriti  dal  fumo  de'  loro  poveri  focolari  ;  senza 
finestre,  senza  porte,  veri  trogloditi  smarriti  in  questa  triste  alba  di  secolo  XX. 

Più  infelici,  però,  dei  veri  trogloditi,  quelli  che  Tolomeo  dice  abitassero  il  golfo 
Arabico  e  che  Plinio  descrive  come  coperti  solo  da  una  pelle  di  montone  a  metà 
corpo,  anch'  essi  abitano  nelle  anfrattuosita  del  terreno  e  nelle  caverne,  anch'  essi  sono 


20 


ITALIA  ARTISTICA 


de'  cavernicoli  appena  vestiti,  ma  qui  finiscono  i  punti  di  somiglianza.  Dove  Strabone 
comincia  a  parlare  e  dice  che  essi  non  coltivavano  la  terra  ma  vivevano  di  pastura, 
e  che  si  nutrivano  di  carne  triturata  e  arrostita  nella  pelle  della  bestia  stessa,  e  che 
bevevano  latte....  allora  i  termini  di  paragone  divergono,  e  i  veri  trogloditi  appaiono 
infinitamente  più  felici  di  questi. 


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TORRE  DELLE  CORNACCHIE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Mai  mi  parve  che  la  miseria  avesse  con  atto  più  significativo  dimostrato  quanto 
ancora  noi  siamo  rimasti  fedeli  all'egoistico  canone  deìV/iomo  homini  lupus  e  quanto 
cammino  noi  dobbiamo  ancor  fare  prima  di  raggiungere  un'era  che  possa  chiamarsi 
civile  senza  suscitare,  ogni  volta  che  questo  aggettivo  vien  pronunciato,  il  sorriso 
•o  la  bestemmia. 


GIUSTIN1  \N.\  —  UNA  si  RADA. 


(Fot.   1.   I.    L'Art    '  ,- 


RwFi  A  ì  * * 


IBI 


BUON   RICOVERO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grar. 


22 


ITALIA  ARTISTICA 


VIA  TRIONFALE  —  CASALE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Ministri,  deputati,  cardinali,  senatori,  dame,  banchieri,  automobili,  equipaggi  e 
cavalieri,  passano  e  ripassano  ogni  giorno  dinanzi  a  quel  rimprovero  vivente  ;  tutti 
hanno  una  parola  di  compassione,  tutti  si  buttano  la  colpa  l'uno  addosso  all'altro, 
tutti  fanno  elegantemente  il  giuoco  che  noi  toscani  chiamiamo  dello  «  scarica  barile  » 
e  tutto  si  perde  nell'aria  come  il  fumo  puzzolente  de'  loro  automobili  o  (se  il  para- 
gone vi  spiace)  come  il  fumo  odoroso  e  lieve  delle  loro  sigarette. 

Arrivato  a  Ponte  Molle  io  me  ne  andai  comodamente  e  romanamente  a  sedere 
ad  un'osteria  che  è  il  ritrovo  e  la  fermata  obbligatoria  di  tutti  i  cacciatori  di  quella 
parte. 

Aspettavo  la  sconquassata  diligenza  che  doveva  portarmi  al  casale  della  Storta 
donde  intendevo  andare  a  piedi  sino  al  povero  villaggio  dell'  Isola  Farnese  per  per- 
nottarvi ed  essere  il  giorno  di  poi  all'alba  pronto  per  la  mia  escursione  di  Veio. 

Il  vino  de'  castelli  romani  —  così  traditore  nel  suo  chiaro  colore  di  puro  oro 
liquido  !  —  splendeva  nel  mio  bicchiere  ;  sotto  i  raggi  del  sole  meridiano  anche  le 
ombre  giallastre  del  Tevere  si  accendevano  di  aurei  sprazzi  mobili  e  svarianti  tra  il 
verde  delle  ripe  ;  e  la  fantasia  di  un  poeta  e  i  ricordi  di  uno  storico  avrebbero,  guar- 
dando quel  Ponte  Milvio,  ora  vigilato  da  goffe,  pietose  e  brutte  statue  di  santi  ed 
apostoli,  avrebbero,  dico,  potuto  andar  ben  lontano.  Dall'epoca  in  cui  i  Romani  nel 
645  di  Roma  rifacevano  in  pietra  questo    ponte,    che    fu   prima    un  ponte    snblicius, 


M  KIKIA    MI   l'.lhl'  >      \\.\-. 


cioè  un  ponte  sui   pali  come  tutti  '.'li    altri,    sino    a    qu<  •  . 

passa  il  tram  elettrico,  questo  ponte,  di  cui  rimangono 

«li  costruzione  romana, ne  ha   vista  passar  della  storia    topra  di 

equivarrebbe  .1  voler  quasi  riassumere  la  storia  «li  Romal 

Qui  nel    ì<  ■ ,   a.  I  Ir,  11  pop*  >1<  1  r<  >man<  1   corse    ln<  mf  r<  »  a     ■      I    1  he 
uova  della  vittoria  dei  consoli  I  (audio  Nerone  1    \l.  \  \\  0  Sai  • 
.il  Metauro.  Che  giorno  dovette  esser  quello  per  la  g  Rom    '   Vi  ricord  I 

pisodio?  Tito  Livio  l'ha  raccontato  in  pagine  che  non  si  dimenticar  bene  l< 

sui  banchi  del    liceo  tanti  e  tanti  anni  fai   11  console    (  laudio    Nerone  • 
dinanzi  ad  Annibale,  .1  Metaponto,  giù    nella  I  alabria.  Asdrubale    era  dalla    Spai 
passato   per  Li   Provenza  <•  le  Alpi  e  sceso  in    Italia.  Cercava    unirsi 
mandò,  per  dei  cavalieri  numidi,  delle  Lettere  d' intesa.  Furono  ini  teda 

n>ni. mi,  tradotte  dall'interprete.   Il  console  Claudio  Nerone  p         un  colpo  1  une 

audacia,  non  ha  torse  l'eguale  nella  storia  della  guerra:  lasciare  meta  del 
«ito  attendato  dinanzi  ad  Annibale;  partire  di  notte  tempo  con  l'altra   • 
.1  marcie   Forzate  sino  al   Metauro,   unirsi    all'esercito  romano   accampato  dinai  - 
Asdrubale,  battere  con  le  forze  riunite  Asdrubale,  correre  con    tutte  le  forze  r< 
vittoriose  a  raggiungere  la    metà    dell'esercito  lasciato    accampato   dinanzi  ad  Anni- 
bale, battere  anche  lui,  liberare  Roma  e  l' Italia  da  questo  incubo  mortale  cartagi 

Mai   Roma  passò  ansie  così    angosciose    come    in  quei  giorni!    E  se   Annibali 


ISOLA  FARNESE  —  PANORAMA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche». 


24 


ITALIA   ARTISTICA 


va  dell'inganno?  Se  con  tutto  il  suo  esercito  piombava  addosso  all'esercito 
ridotto  a  metà?  Se  in  questo  tempo  Asdrubale  attaccava  battaglia,  vinceva,  e  poi 
vittorioso  piombava  addosso  alle  truppe  di  Claudio  Nerone,  poche  e  disfatte  dalle 
terribili  marce  ?  Insomma  si  capiva  che  l'opinione  pubblica  aspettava  l'esito  delle 
cose  per  inalzare  Claudio  Nerone  alle  stelle,  o  precipitarlo  dalle  (ìemonie.  Ingiustizia 
delle  ingiustizie!  dice  Livio. 

Ma  Claudio  Nerone  giunse  all'accampamento  dell'altro  console  romano  attendato 
dinanzi   ad   Asdrubale  ;  Asdrubale    vedendo  i  soldati    nuovi    sopraggiunti    pensò    che 


ISOLA  FARNESE 


PALAZZO  BARONALE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


l'esercito  romano  accampato  dinanzi  ad  Annibale  fosse  venuto  via.  Questo  voleva 
dire  che  c'era  stato  battaglia  e  che  Annibale  era  disfatto.  Volle  fuggire,  e  non  potè. 
Le  duplicate  forze  romane  gli  furono  sopra  e  a  lui  non  valsero  ne  l'aiuto  dei  suoi 
galli,  né  quello  dei  liguri  [gente  che  si  batte  !  nota  Livio),  né  quello  dei  suoi  elefanti 
che  simili  a  navi  in  tempesta  ondeggiavano  tra  le  file  qua  e  là,  e  poi  volti  in  fuga 
venivano  uccisi  da  i  loro  stessi  guidatori  con  uno  scalpello  confitto  nella  cervice  da 
una  martellata. 

Fu  tutta  una  fuga  !  Asdrubale  ucciso  ;  e  gli  fu  tagliata  la  testa,  salata,  e  poi 
gettata  nel  campo  d'Annibale  quando,  dopo  pochi  giorni,  le  riunite  forze  romane  gli 
furono  tutte    di    fronte.   «   La  sorte  di  Cartagine  è  tratta  !    »    si    vuole    esclamasse   il 


I   l  RI  [RIA   MEKI1  >I<  >NAI  F 


vecchio  africano,  E  co  d  tu.  Ma  quando  la  notizia    d<  Ila  del 

Nerone  giunsi    .1  Roma,  nessuno  ci  voleva    credere,    rroppo    bell<      Po    .- 
<  ,,\  alieri  mandati  con  lettere  .il    senato,  i«-  lettere    furono   leti 
un  popolo  frenetico  di  gioia  e  i>«»i  tutti  cors<   0     n  «ini. 


ISOLA  FARNESE  —  PORTA  DEL  l'AESE. 


il",  t.  1. 1.  d'Arti  Grafiche). 


ad  incontrarvi  i  legati  che  dovevano  confermare  con  le  loro  vive  parole  le  scritte  e 
che  avrebbero  raccontato  e  descritto  la  vittoria,  la  grande  vittoria. 

L'anima  si  accende  a  questi  ricordi  e  questo  sole  che  tramonta  sulla  vasta  pia- 
nura romana  sembra  come  un  riflesso  della  trascorsa  gloria  della  patria. 

E  quanti  altri  ricordi  potrebbero  salire  su  dalla    mente  dello  storico    guardando 


ITALIA  ARTISTICA 


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s^Sfe^P^ 


ISOLA  FARNESE  —  L'OSPEDALETTO 


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(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


questo  ponte  !  Qui,  per  ordine  di  Cicerone,  furono  arrestati  una  parte  di  quegli  Al- 
lobrogi  che  avevano  preso  parte  nel  64  alla  congiura  di  Catilina  ;  qui,  a  poche  mi- 
glia, fu  la  battaglia  di  Costantino  e  Massenzio  ;  di  qui  passarono  i  barbari  del  nord 
alla  gioia  del  saccheggio,  e  poi  —  quando  Roma  fu  spenta  e  tra  i  ruderi  colossali 
degli  anfiteatri  diruti,  delle  terme  abbandonate,  dei  templi  disertati,  i  nepoti  dei  con- 
soli romani  passarono  col  capo  raso  e  avvolto  il  corpo  in  neri  sacchi,  litaniando  — 
questo  ponte  fu,  nei  secoli  IX  e  X,  l'estrema  stazione  cui  giungevano  le  lamentose 
processioni  dei  monaci.  Se  fosse  vero  che  le  ombre  dei  grandi  trapassati  hanno  in  ri- 
compensa delle  benemerenze  patrie  il  dono  di  assistere,  non  veduti,  al  continuare  della 
vita  nazionale....  con  quale  triste  sorriso  l'ombre  di  Claudio  Nerone,  degli  Scipioni  e 
di  Cesare  avrebbero  riguardato  i  loro  nipoti,  clero,  ottimati,  milizia,  popolo,  dame, 
recarsi  nel  799  incontro  ad  un  barbaro  che  veniva  a  farsi  incoronare  imperatore  ed 
al  suo  longobardico  nome  di  Carolus  aggiungeva  l'appellativo  di  Magnus  !  «  simul 
omnes  connexi  ad  Pontem  Milvium  eum  cum  signis  bandis  et  canticis  spiritalibus 
susceperunt  ».  Così  l'Urlichs. 

Questo  ponte  fu,  per  tutto  il  Medio-Evo,  come  l'antiporta  romana.  Qui  si  man- 
da vano  i  legati  a  parlamentare  con  gli  eserciti  invasori,  di  qui  passarono  Enrico  VII, 
Sigismondo,  il  terribile  Nicolò  Fortebraccio,  Carlo  Vili  e  cento  altri.  Durante  tutto 
il  Medio-Evo    esso  fu  guardato  da  una  grande   torre,  un   «   Tripizone   »,  della    quale 


ETRI   l'I  \      IM'M  H'  >\AI  F 


[SOLA  FARNESE    -  CAMPOSANTO  E  VALLE  DEL  CHEMI.I;\. 


(Fot.  I.  I.  «l'Arti  Grafiche). 


ora  non  si  conserva  più  traccia....  Tale  qual  è  adesso,  fu  rifatto  dal  francese  Yaladier, 
in  occasione  del  ritorno  di  Pio  VII  dall'  incoronazione  di  Napoleone. 

Ma  la  sgangherata  diligenza  che  io  aspettavo  (era  arrivata  con  un'ora  di  ritardo 
e  quella  non  era  che  la  prima  tappa  !)  s'avanzò  finalmente  ;  e  finalmente  riprese  la 
sua  corsa  fragorosa,  ma  non  precipitosa,  per  i  selci  ineguali  della  Via  Cassia,  una 
delle  io  vie  l  che  formavano  intorno  a  Roma  come  una  raggiera  che  la  metteva  in 
comunicazione  con  i  più  lontani  e  remoti  paesi  d'Italia  e  d'Europa. 

La  Via  Cassia,  dunque,  costruita  nel  secolo  VII  di  Roma,  e  probabilmente  così 
chiamata  dal  nome  del  suo  ingegnere,  dopo  aver  salito  una  delle  lacinie  di  Monte 
Mario,  discende  sino  ad  un  ponticello,  celebre  negli  odierni  ritrovi  per  la  caccia  alla 
beccaccia,  e  rimonta  poi  risolutamente  su  di  un  alto  e  spazioso  ripiano  di  prati  er- 
bosi vasti,  cullati,  solitari.  Noi  siamo  adesso  in  piena  campagna  romana.  Di  tanti 
autori  che  ne  hanno  descritta  la  solitudine  piena  di  poesia  e  così  suggestiva  di  me- 
morie io  non  conosco  nessuno  che  abbia  trovato  per  lei  espressioni  di  così  intimo 
sentimento  come  un  figlio  delle  steppe  dell'Ucraina  :  Nicola  Gogol. 

Parlando  del  suo  giovine  eroe,  un  principe  romano  che  ha  fatto  la  sua  educa- 
zione a  Parigi,  e  che  tornato  a  Roma  rivede  la  sua  patria  con  un  senso  nuovo  di 
ammirazione,  Gogol  dice  : 


1.   F.cco  i  nomi:   Appia,  Ardeatina,  Aurelia,  Campana,  Cassia,  Claudia.   Flaminia,  Labicana,  Latina,   Ostiense.  Por- 
tuense,  l'rcnestina,  Nomentana,  Salara,  Tiburtina,  Valeria. 


28 


ITALIA   ARTISTICA 


«  Spesso  egli  lasciava  la  città  per  vedere  i  suoi  dintorni,  ed  allora  lo  colpivano 
altre  meraviglie.  Bellissimi  erano  questi  muti,  deserti  campi  romani,  seminati  di 
ruderi  dei  tempi  antichi,  con  una  quiete  inesprimibile  stendentesi  tutt'  attorno,  ora 
fiammeggianti  dell'  oro  compatto  dei  fiori  gialli  fusi  insieme,  ora  risplendenti  del 
colore  di  carbone  arroventato,  per  le  foglie  rosse  del  papavero  selvatico.  Essi  offri- 
vano quattro  vedute  mirabili  ai  quattro  lati.  Da  uno  si  univano  addirittura  coll'oriz- 
zonte,  con  una  linea  decisa  eguale  :  gli  archi  degli  acquedotti  parevano  ritti  sull'aria, 
e  come  incollati  sullo  splendido  cielo  d'argento. 


ISOLA  FARNESE 


VIA  DELLA   AIOLÀ  E  PALAZZO  BARONALE. 


(Fot.  1. 1.  d'Arti  Grafiche). 


«  Dall'altro  —  sopra  i  campi  —  folgoravano  i  monti  ;  senza  spingersi  in  alto  im- 
petuosamente e  deformemente,  come  nel  Tirolo  o  nella  Svizzera,  ma  ripiegandosi 
e  abbassandosi,  con  linee  armoniose,  nuotanti,  irradiati  da  una  mirabile  serenità 
dell'aria,  essi  erano  pronti  a  volare  nel  cielo  ;  al  loro  piede  correva  rapida  la  lunga 
arcata  degli  acquedotti,  simile  ad  un  lungo  imbasamento,  e  la  cima  dei  monti  pa- 
reva una  continuazione  aerea  dell'edilizio  maraviglioso,  e  il  cielo  sopra  di  loro  non 
era  più  d'argento,  ma  del  colore  ineffabile  della  lilla  primaverile.  Dal  terzo  — 
questi  campi  s'incoronavano  pure  dei  monti,  i  quali  già  s'innalzavano  più  vicini  e 
più  alti,  sporgendosi  più  forte  con  le  file  anteriori,  e  con  gradini  leggeri  dileguan- 
dosi nella  lontananza.  In  una    mirabile    gradazione    di    tinte  li  involgeva  la  sottile 


I    |  RI    I'  I  \    MI   KM  »l'  >!    \ll' 


«,  aria  cerulea  ;  e  attrae  «  rso  qu<  ito  l<  to  velo  aer(  imi  i  i 

,,  ^sibili  le  case  e  le  \  [Ile   di    Fra»  ati,    ora    t< 

,,  melile.  ,  »ra  dili  .'li  mi    :  nel  chiari  i  nembo   delle   ■■•  lv(  I 

h  lontanamente  tra  il  pulvi*  ol<  >.  Quando    poi    i  ad  un 

«  allora  gli  si  offriva  il  quarto  lato  della  veduta  :  i  campi  Hi 

.,  Splendeano  decisi  e  chiari  gli  angoli  e  le  linee  dell<  delle  - 

«  le  si. ituc  «li  San  Giovanni   Laterano  e   la    m  cupola  'li  San 

ceva  \  ia  \  [a  più  alta,  .1  misura  <  he  ci  si  .ili  .1  da 


ISOLA.  FARNESE  —  CASCATA   E  MOLINO  Sl'L  CREMERÀ. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche >. 


«  imperiosamente  sola  sopra  tutto  il  mezzo  orizzonte,  quando  già  affatto  si  era  na- 
«   scosta  tutta   la  città   ». 

Davvero  che  solamente  l'anima  di  un  pittore  della  parola,  di  un  poeta,  del  quale 
i  russi  dicevano  che  né  il  cielo  né  l'inferno  bastavano  al  suo  pennello  quando  si 
metteva  a  dipingere,  poteva  riuscire  a  rendere  così  il  fantasma  poetico  della  campa- 
gna romana  ! 

La  Cassia  prosegue  sul  vasto  altipiano  muto  e  verde,  e  solo  di  quando  in  quando 
o  una  tomba  romana  o  qualche  solitario  e  massiccio  casale  agricolo  o  qualcuna  di 
quelle  torri  baronali  delle  quali  furono  piene  Roma  e  la  campagna  romana  nel  Medio- 
Evo,  arrivano  a  romperne  la  linea  vasta  e  solenne. 

Così  s'incontrano  via  via  il    così    detto    Sepolcro    di  Xerone,  la  cui  iscrizione  ci 


30 


ITALIA  ARTISTICA 


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VEIO  —   <  ETIAM  PERIERE  RUINAE  >. 


(Fot.  I.  I.    d'Arti  Grafiche). 


avverte  invece  essere  un  sepolcro  del  II  secolo  dopo  Cristo,  eretto  da  una  Vibia 
Maria  Maxima  in  onore  di  suo  padre  P.  Vibius  Marianus  e  della  madre  Regina 
Maxima,  e  s'incontrano  poi  i  casali  di  Bonricovero  e  della  Giustiniana  e  la  Torre  del 
IX  miglio,  detta  anche  Torre  delle  Cornacchie. 

Tutti  e  due  questi  nomi  sono  corrispondenti  al  vero,  e  questa  vecchia  torre  co- 
struita a  fascioni  di  cunei  di  selce  bianchi  e  neri  è  il  sicuro  e  frequentato  albergo  de' 
tristi  neri  e  gracidanti  uccelli  della  campagna  romana.  Quand'io  vi  passai,  il  sole 
calava  in  un  lago  di  oro  di  sangue  e  di  nuvole  nere  ;  un  vasto  stuolo  di  cornacchie 
andava,  veniva,  roteava,  gracidando,  in  larghi  voli  attorno  alla  torre,  e  la  campagna 
desolata  e  quel  tramonto  e  quegli  uccelli  di  morte,  tutto  serviva  a  dare  al  paesaggio 
queir  aspetto  tragico  che  sembra  come  un  riflesso  ed  un  simbolo  della  Storia 
di  Roma. 

Ancora  pochi  minuti  di  trotto  e  la  diligenza  si  ferma  al  piccolo  e  povero  pae- 
sello della  Storta.  Un  tempo  questo  luogo  aveva  una  certa  importanza  perchè  esso 
era  l'ultima  stazione  e  l'ultimo  cambio  di  cavalli  per  chi,  venendo  dalla  Toscana  per 
la  Cassia,  andava  a  Roma  ;  ma  ora,  nonostante  che  là  presso  ci  sia  la  fermata  ferro- 
viaria della  linea  Roma-Viterbo,  il  luogo  ha  certo  perduto  d'importanza  e  serve  solo 
per  il  movimento  rurale. 

Io  sapevo  che,  dalla  Storta,  una  scorciatoia  mi    avrebbe  potuto  portare  in  pochi 


I    I  l'I   I-  l.\    MI  [<IJ)I<  »\.\l  F 


minili  i    .ili    [s<  »la    I'.uik"  «■  ;    iii.i    l<  •  •!  i*  »    |  !■ 

dove  v<  ij  potete  talvi  «Ita  fare  due  o    tre    -  »re    di     trad  i 

cui  domandare    se    andate    b<  ne    o    male,    \  irdate        Et  campa   ■ 

«li   I 'asi  .11 1  Ila 

<  )  il. nulo      Pillo    un    li   m     |>'>'     I  il'  »i     <! 

dice  :       l 'iàmo  pe'  li    eoi  tato 

\ii,  Nino  !  dico,  -       i  non  è 
bada  che  non  u  iclmo  più  de'   fòi 

m a,  dice,  annànv »!  non  i \ <•'  patii 
(  le  \  pimi  a  caccie  pe'  la  (  'a ndeloi  a  I 
E  ami. uno.        Beppe  mioi  che  fregatura! 
Staaaimo  pe'  la  macchia^un  frego  d'orai 

Non  volevo  che  accadesse  a  me  qualchi    i  mile  a  quello  Idi 

pii  ma  disgraziati  croi  del  racconto  pascarelliano  e  mi  presi  una  guida  nella  p 
di  un  ragazzetto.  Il    quale    appena    fummo    in    vista    del    solingo    ed  ermo  villagj 
d1  [sola   Farnese  mi  lasciò  più  che  in  fretta  dicendomi  che  aveva  paura,   venendo  fin 
là.  di  incontrare  il  padrone. 

—  E  perche  hai    paura  ? 


VEIO  —  LE  COLONNE  DEL  PORTICO,  ORA  A  ROMA   IN   PIAZZA  COLONNA. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  GrafìcheV 


3^ 


ITALIA  ARTISTICA 


rete,  ieri  l'altro  ci   rubarono  cinque   vacche....  e  se  ora  mi  vede  a  spasso.... 

E  io  continuai,  solo,  la  mia  strada  pensando  a  quanto  c'era  ancora  di  primitivo 
in  questo  paese  dove  dopo  un  25  secoli  di  civiltà  gli  uomini  dormono  alle  porte  della 
città  come  i  cavernicoli  dell'epoca  quaternaria  e  nella  campagna  la  gente  porta  via 
le  vacche,  come  se  fossero  fazzoletti. 

Arrivai  dunque  solo  a  questo  strano  paese  che  si  eleva  tutto  su  di  un  comignolo 
isolato  di  pietra  vulcanica.  Ero  stato  avvertito  che  non  avrei  trovato  da  dormire, 
ma  anche  qui,  come  in  tanti  casi  della  vita,  ebbi    luogo  di  riscontrare  che  le  cattive 


VEIO 


MURA  DELLA   PORTA  C A PENA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


lingue  esagerano  sempre.  Trovai  benissimo  ;  ma  se  non  era  il  prete  che  mi  accomo- 
dava un  lettino,  rimastogli  casualmente  libero  per  l'assenza  di  un  parente,  tra  i 
banchi  della  scuola,  quella  notte  avrei  potuto  dormire  all'Albergo  della  Stelletta;  al- 
bergo economico  ma  non  sempre  comodo,  specialmente  in  paraggi  dove  le  vacche 
vengono  trattate  così  leggermente. 

Dicono  che  il  paese  sia  tutto  o  in  gran  parte  fabbricato  con  i  ruderi  asportati 
dalla  vicina  Veio  ;  la  cosa  appare  non  solo  probabile  ma  certa  quando  si  vedono 
gradini  dì  case  fatti  da  pezzi  di  colonne  marmoree,  e  quando  si  vedono  incastrati 
nel  muro,  come  materiali  da  costruzione,  pezzi  di  statue,  statue  e  gruppi  intieri. 

Il  nome  di  Isola  Farnese  gli  viene  dalla  sua  speciale  posizione  che  lo  separa,  lo 


VEIO        LUOGO  OVE  FURONO  TROVATE  LE  COLONNE  DEL  PORTICO  E  LA   STATI  \   in    riBERIO. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


VEIO  —  UN'ANTICA  PORTA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


34 


ITALIA    ARTISTICA 


VEIO  —  IL  MONTE  DOVE  ERA  LA  NECROPOLI. 


isola,  dai  terreni  circostanti  e  dall'essere  stato  anticamente  un  feudo  della  famiglia 
Farnese.  Ora  il  palazzo  baronale,  che  si  erge,  brutto  ma  grande,  sulle  povere  e  me- 
schine casipole,  appartiene  al  marchese  Ferraioli  che  lo  affitta  insieme  ai  terreni  ad 
un  mercante  di  campagna,  il  comm.  Sili. 

Io  mi  recai  a  visitare  il  castello,  il  quale  non  offre,  interiormente,  nulla  ;  ove  se 
ne  eccettui  lo  straordinario,  ultra-pelasgico,  spessore  delle  mura,  la  vastità  nuda  delle 
stanze  e  la  cortese  e  gentile  accoglienza  del  comm.   Sili.  La  cosa  più  interessante  fu 
la  conversazione  calma,  intelligente,    quella    conversazione    che  io  chiamerei  romana, 
del  mio  ospite.  I  romani,   i  veri  romani,  hanno,  a  mio  parere,  una  conversazione  che 
non  rassomiglia  a  nessuna  di  quelle  degli  altri  abitanti  d' Italia.  E'  una  conversazione 
che  io  chiamerei  priva  di  ambizione.    Non    parliamo  dei  toscani  che  si  servono  della 
conversazione  come  le  belle  donne  si  servono  degli  occhi,  del  sorriso,  del  seno  ecc. 
mettendone  in  vista,  sotto  gli  occhi    dell'  interlocutore,   tutte  le  finezze  e  raffinatezze 
con  una  civetteria  di  bella  ragazza  senza  dote  ;    non  parliamo,  per  amor  di  Dio,  dei 
napoletani  ;  ma  anche  i  piemontesi,  i    lombardi,    i    popoli  insomma  più  evoluti  e  seri 
d'Italia,  tutt    gli  italiani,  mettono  nella  conversazione,  specialmente  a  primo  incontro 
una  certa  vanità  femminile.  Il  romano  mai  ;  egli  si  serve  della  parola  semplicemente 
come  mezzo;  non  ne  fa  né  un  ornamento,  né  un'arma  ed  è  perciò  che  la  sua  conver- 
sazione assume  sempre  un  carattere  di  placida  serenità   che  le  conferisce  un'attrattiva 


Ili-i   l'I  A    Ml-Klhl'  >N  VI  I 


VEIO  —   IL  FOSSO  LI   FORNELLO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  G 


speciale.  Uscendo  dal  castello  io  fui  invitato  dal  medico,  un  gentile  intelligente  g  - 
vine,  a  fare  insieme  con  lui  una  gita  intima  per  il  paese.  Era  oramai  sera  ;  noi  en- 
trammo in  una  stanza,  (ma  dicendo  così  io  sento  di  adoperare  un  eufemismo  ironico  ! 
dove  al  chiarore  incerto,  fumoso  e  graveolente  di  un  lume  vidi  una  delle  scene  più 
strane  di  miseria  che  mai  abbia  veduto.  Quella  stanza,  tutt'altro  che  grande,  era  lette- 
ralmente coperta  di  letti,  fatti  di  rami  di  alberi  non  secchi  ancora  e  nemmeno  sbucciati, 
e  su  quei  sei  letti  dormivano  quattro  famiglie  di  terrazzani,  di  contadini  avventizi, 
mariti,  mogli,  figli,  figlie,  bambini  e  bambine,  tutti  insieme.  Poche  dimande  che  io 
rivolsi  ad  una  giovine  donna  intorno  ai  pericoli  di  una  tale  promiscuità  mi  fecero 
comprendere  che  quella  gente  aveva  oramai  in  fatto  di  morale  sessuale  saltato  il 
fosso  da  un  pezzo....  o  anzi  non  c'era  forse  mai  nemmeno  arrivata. 

—  Ha  visto,  eh  ?  —  mi  disse  il  dottore  uscendo.  —  Lei  che  scrive,  racconti, 
racconti  come  si  vive  a  quindici  chilometri  da  Roma. 

—  Scinda  simplicitas  !  —  gli  risposi  con  le  parole  di  Mefisto  ;  —  ma  io  ho  ve- 
duto ben  di  peggio  a  cinquecento  metri  dalla  Porta  del  Popolo  a  Roma  !  Io  ho  visto 
i  trogloditi,   i  cavernicoli.... 

—  Ah  !  è  vero  !  —  disse  lui  sospirando. 

—  Cambiamo  discorso,  dottore!  Doman  l'altro  a  Spezia  varano  il  Rojna.  E'  una 
bella  corazzata.  Dicono  che  costi  trenta  milioni.  E1  un  po'  cara,  ma  un  popolo  come 
noi  deve  essere  alla  sua  altezza,  ne  conviene?.... 


ITALIA  ARTISTICA 


E  così    parlando    del  più  e  del    meno    gironzolammo    ancora  un  poco  e  poi  an- 
dammo a  letto. 


* 
*    * 


La  mattina  alle  5  io  ero  già  pronto  e  con  la  mia  guida  ci  incamminammo  verso 
quella  che  era  stata  un  giorno  la  più  forte,  più  temibile,  più  tenace  nemica  di  Roma  ; 
verso  l'antica  Veio,  città  della  quale  si  può  dire  davvero,  e  con  maggiore  verità  di 
qualsiasi    altra,    che  «   ctiam  periere    ruinae  ».  Lucio   Anneo  Floro   chiama  i  Veienti 


VEIO  —  IL  PONTE  SODO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


<(  assidili  vero  et  anniversarii  hostes  »  e  mai  infatti  ebbe  Roma,  negli  inizi  della  sua 
laboriosa  ascensione  all'egemonia  del  mondo,  una  così  costante,  accanita,  spaventevole 
nemica  come  Veio.  La  lotta  contro  Veio  comincia  con  la  storia  stessa  di  Roma,  non 
finisce  che  con  la  disfatta  completa  di  Veio,  dura  oltre  tre  secoli  e  mezzo  e  sono 
14  le  guerre  tra  Roma  e  Veio  che  Tito  Livio  enumera  nella  sua  storia. 

Ma  se  grande  era  stata  l'inimicizia,  grande  e  vasta  fu  la  vendetta,  e  di  tutta  questa 
città,  posta  su  di  un  altopiano  splendido  e  naturalmente  difeso,  di  questa  città  che 
Dionigi  di  Alicarnasso  e  Strabone  dicono  eguagliasse  nel  circuito  Atene  e  Roma,  ora 
non  rimangono  neppure  i  segni  delle  rovine;  tanto  che  mai  visita  di  touriste  deve 
■essere  fatta  con  meno  speranza  di  questa  per  non  dar  luogo  ad  un  vero  disinganno. 


***8 


- 


ITALIA   ARTISTICA 


Raramente  Lucio  Anneo  Moro  è  stato  così  esatto  come  quando  parlando  di  Veio 
egli  si  pone  l'interrogazione  retorica:  Hoc  lime  Veli  fucrr  :  quae  reliquiac?  quod 
iguiìì!?  —  Di  Yeio  non  rimane  più  nulla;  non  il  rudero  di  un  solo  tempio,  o  le 
mura  della  sua  rocca;  ma  pure  la  gloria  della  sua  storia  illumina  ancor  tanto  questo 
luogo,  che  fu  il  baluardo  e  la  gloria  della  potenza  etrusca,  che  nessuno  il  quale  si 
occupi  con  amore  di  studi  di  archeologia,  oserebbe  venire  a  Roma  senza  pagare  il 
tributo  di  una  visita  al  luogo  dove  sorse  la  sua  fiera  e  sventurata  avversaria. 


VEIO  —  LE  MURA  DALLA   PARTE  NORD. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Io  scesi  dall'  Isola  Farnese,  per  una  via  di  campagna,  limitata  a  sinistra  dal  monte 
e  a  destra  dal  profondo  burrone  in  cui  corre  romoreggiando  il  Cremerà. 

E  questo  fiumicello  che,  di  là  a  pochi  passi,  dopo  aver  dato  la  forza  ad  un  pic- 
colo e  povero  molino,  forma  la  cascata  nella  quale  qualche  storico,  dalla  fantasia  un 
po'  lirica,  ha    voluto    riconoscere  il  luogo  di   supplizio,  la  Rupe  Tarpea,  dei  Veienti. 

Noi  saltammo  irrispettosamente  ma  non  senza  pericolo  —  fummo  obbligati  a 
saltare  proprio  sul  ciglio  della  cascata  e  poveri  noi  se  ci  sdrucciolava  un  piede  !  — 
questo  rivo  sacro  nella  storia  e  ci  trovammo  sotto  le  mura  di  Veio.  Le  quali  mura 
erano,  almeno  nella  loro  parte  inferiore,  esclusivamente  naturali. 

Veio  è  circondata  da  due  fiumi,  il  Cremerà  e  il  Fosso  di  Formello  ;  col  tempo 
i  due  rivi  hanno  corroso  la  natura    tufanica    del    terreno,  hanno  scavato  il  loro  letto 


I    I  KI'KIA    MI  l'Il  >l<  »       .1  I 


\  i.i  \  i.i    empn    i  >iù  in  I  >as  i<  >.  più  nel  pr<  >f<  >m  l<  i  • 
terreni  »  o  >mpres<  >  tra    i  |ii<  si  i  dui     Fiumi   di\  enti  •    un 
ripari  i  i  due  fiumi  e  le  alti    l<  >r<  i  ripi  .  che  i  n  »  mer; 

qui  ste    mura,    nat  uralmen  alte,   la  mano  ind 

■  •  man >n< »    ai    R< 'in. un  mi >di  <        temi  di  muratura  p >i 

unir' i  art ificiali  e  cosi  Veio,  pò  to  su  «li  un  ali ipiani i  • 
niva  .ni  avere  una   triplice  difesa:   i  fiumi,  le  mura  natui 


VKIO   —   KSTER.NO   DKLLA   GltuiTA   CAMPANA. 


I.  I.  d'Arci    Grafiche). 


Raramente  una  città    poteva    essere    più    felicemente    ubicata  e  la  leggenda  che 
vuole  che    quando    Roma    fu  distrutta    dai    Galli,   i  Romani  pensassero  di  andar  lì  a 
rifabbricare  la  loro  città  e  solo  ne  fossero  distolti  dalla  voce  autorevole  di  Furio 
millo,  anche  se  non  è  vera,  dimostra    quanto    i    Romani  apprezzavano  la  felice  posi- 
zione di  Veio. 

Passato  il  Cremerà  io  mi  fermai  un  momento  a  vedere  il  luogo  che  il  Dennis 
segna  sulla  sua  carta  come  corrispondente  ad  una  delle  porte  di  Veio  e  quindi  in 
pochi  passi  fummo  sull'altipiano,  sulle  sepolte  rovine  di  Veio.  Rovine  sepolte,  che 
potrebbero,  con  tanta  utilità  di  studi,  essere  diseppellite  ! 

Allorquando  noi  passeggiamo  per  questi  muti  campi,  dove  solo  abita  il  pastore 
vestito  ancora  di  pelli  pecorine  come  il  suo  progenitore  etrusco  di    2$    secoli    fa.  noi 


ITALIA   ARTISTICA 


non  dobbiano  dimenticare    che  quest'  assenza  di  ogni    segno  di    passata    grandezza   è 
soltanto  apparente. 

Appena    che    qualche  scavo  è    stato  fatto,  subito  sono  balzati    fuori  dei  miracoli 
d'arce  ;  e  qui  furono  trovate  le  dodici  colonne  che  sotto  il  nome  di  Portico  di  Veio  ador- 
nano ancora    la    piazza    più  illustre  di  Roma  e  qui   fu  trovata  la  colossale    statua   di 
Tiberio  che  è  ora  al  Vaticano. 

Ma  gli  scavi  più  recenti   furono  fatti  qui  nel   1889  da  chi  meno  noi  ci  saremmo 
aspettati  :  dall'  imperatore    del    Brasile  Don  Pedro  IL  II  conte   Francesco  Vespignani 


VEIO 


INTERNO  DELLA  GROTTA  CAMPANA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


diresse  gli  scavi  con  una  quarantina  di  operai,  ma  noi  sapremo  difficilmente  quello 
che  fu  trovato.  La  mia  guida  dice  che  trovarono  molta  roba;  vasi,  oggetti,  un 
mosaico  che  raffigura  un  elefante,  cui  sei  uomini  fanno  passare  un  ponticello, 
ììiolta  roba!  Che  molta  dovesse  essere  non  si  può  dubitare  quando  si  pensa  che  la 
mia  guida  stessa,  con  i  rifiuti  degli  scavi  che  egli  acquistò  per  poche  centinaia  di  lire, 
riempì  due  grandi  stanze  di  una  vasta  stalla,  e  che  da  quell'epoca  in  poi  ha  sempre 
continuato  a  vendere  agli  inglesi  teste,  piedi,  mani,  braccia  e  ne  ha  ancora  una  mezza 
stanzata  piena  !  Bisogna  aggiungere,  ad  onore  del  vero  e  della  mia  guida,  che  tutto 
quel  materiale  è  fittile,  mutilo  e  di  un  valore    molto  relativo. 

Una  delle  pochissime  cose  dove  a  Veio  sia  rimasto  il  segno  della  mano  dell'uomo 
è  il  Ponte  Sodo  ;  ma  questi  segni  dell'opera  umana  sono  così  tenui  che  un  osserva- 


E  i  i:i  [RIA   MERIDIONALI 

torc  n-"  diligi  nte  vi  passeri  bbe  \  ■     i   ■ 

cavata  nel  vivo  sasso  e  fu    probabiln*  nte    fatta   dal    V  i  i  ide  i 

(i,    acqua  i  he   altrimenti  avr(  bbe    loro  Imp  «li'"  «li  andari     i  ] 
alla  necropoli. 


VEIO  —  GROTTA  CAMPANA  —  PARTE  SINISTRA.  (Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Il  soffitto  di  questa  galleria  è  scalpellato  a  schiena  di  asino;  vi  si  vedono  ancora 
dei  fori,  probabilmente  di  spurgo;  e  il  luogo,  contornato  di  alte  erbe  verdi,  e  di  piante 
dalle  foglie  espanse  e  molli,  ha  un  insieme  così  umido,  così  triste  e  tetro  che  Dante 
o  Virgilio  avrebbero  potuto  sceglierlo  per  X  ingresso  all'  Inferno.  Dall'  altra  parte  del 
tunnel  è  una  sorgente  d'acqua  fortemente  ferruginosa  che  deve  possedere  qualità  al- 


ITALIA  ARTISTICA 

icali  e  che  potrebbe  utilmente  essere  sfruttata,  se  dei  poveri  sfruttati  come 
gli  abitanti  di  Isola  Farnese  potessen >  mai  pensare  a  sfruttare  qualche  cosa  a  lor  volta! 

I  luello  però  che  a  Veio  costituisce  la  più  grande  attrattiva,  quello  che  fa  sì  che 
il  luogo  sia  ancora  di  quando  in  quando  visitato  da  qualche  touriste,  e  non  mai  di- 
menticato da  quanti  si  occupano  con  amore  ed  intelligenza  di  storia  dell'arte,  è  la 
(ridia   (  \i  in  pana. 

La  (  irotta  Campana  è  una  tomba  etrusca  che  fu  scoperta  nel  1843  dal  marchese 
Campana,  e  che  ha  preso  il  nome  dal  suo  scopritore. 

Gli  Etruschi  erano,  come  tutti  sanno,  un  popolo  che  aveva  uno  straordinario  culto 
per  i  morti;  essi  scavavano  le  loro  necropoli  fuori  delle  loro  città;  mettevano  solita- 
mente i  loro  morti  su  dei  letti  tagliati  nella  pietra  stessa,  li  ornavano  delle  loro  armi, 
dei  loro  gioielli,  di  tutti  gli  attributi  che  ne  avevano  caratterizzato  la  vita,  posavano 
per  terra  dei  vasi  dipinti,  dei  lumi  di  terracotta  o  di  bronzo,  come  se  la  vita  ultra- 
terranea dovesse  continuare  ad  avere  le  medesime  necessità,  adornavano  finalmente 
le  tombe  di  fregi,  di  iscrizioni,  di  pitture. 

II  loro  pietoso  e  ricco  costume  era  naturalmente  conosciuto,  e  allorquando  la 
potenza  etrusca  fu  rapidamente  cancellata  dalla  scena  del  mondo  dalla  rozza  ma  po- 
tente mano  dello  stato  Romano,  allora  i  primi  depredatori,  i  primi  scavatori,  e  i  più 
fortunati  !,  dovettero  essere  stati  certamente  i  legionari  repubblicani.  Dopo  di  essi  ogni 
popolo  piovuto  dai  più  strani  deserti  ad  inondare  i  dolci  campi  d' Italia  si  sarà 
certamente  fatto  un  dovere  di  frugare  ancora,  nei  paesi  etruschi  ove  capitava,  le 
tombe  più  in  vista  delle  necropoli,  e  quando  finalmente  il  sole  della  civiltà  tornò, 
con  l'umanesimo,  a  risplendere  su  di  noi,  allora  la  ricerca  di  queste  tombe  divenne 
anche  più  accurata.  Pure,  tanta  e  così  immensa  è  la  quantità  di  tombe  con  la  quale 
gli  Etruschi  ridussero  delle  intiere  montagne  a  qualche  cosa  di  simile  ad  immensi 
cupi  e  morti  alveari,  che  anche  adesso,  oggi,  a  degli  scavatori  pazienti  e  sagaci  non 
riesce  raro  il  caso  di  trovare  qualcuna  di  quelle  tombe  che  essi,  nel  laconismo  del 
loro  stile  archeologo  commerciale,  chiamano  tombe  vergini. 

Noèl  des  Vergers  neW Etrtiria  et  les  Etrusques  descrìve  così  l'impressioni  provate 
all'apertura  di  una  di  queste  tombe  :  «  Sur  leurs  couches  funéraires,  des  guerriers  re- 
couverts  de  leurs  armures  semblaient  se  reposer  de  combats  qu  ils  avaient  livrés  aux 
Romains  ou  à  nos  ancétres  les  Gaulois.  Formes,  vètements,  étoffes,  couleurs,  furent 
apparents  pendant  quelques  minutes,  puis  tout  s'évanouit  à  mesure  que  l'air  extérieur 
pénétrait  dans  la  crypte,  ou  nos  flambeaux  vacillants  menacaient  d'abord  de  s'éteindre. 
Ce  fùt  une  évocation  du  passe  qui  n'eut  pas  mème  la  durée  d'un  songe  et  disparut 
comme  pour  nous  punir  de  notre  téméraire  curiosité   ». 

Ora  di  tutto  il  vasto  numero  di  tombe  venuto  alla  luce,  poche  possono  come  im- 
portanza per  la  istoria  della  pittura  arcaica  rivaleggiare  con  questa.  Veio  fu  presa  e 
distrutta  dai  Romani  nel  396  av.  Cristo.  Anche  ammettendo  che  la  tomba  sia  del- 
l'anno stesso  della  caduta  della  città  (e  sarebbe  strano  che  in  tempi  di  così  disperata 
battaglia  si  pensasse  a  tranquille  cose  d'arte)  le  pitture  e  i  fregi  che  adornano  queste 
mura  sono  pitture  che  avrebbero  sempre  oltre  i  2300  anni.  E'  però  opinione  accre- 
ditata che  la  tomba  sia  circa  del  VI  secolo  e  così  queste  pitture  verrebbero  ad  avere 
un  2460  anni!  Ma  un  valore  tutto  speciale  deriva  loro  dal  fatto  che  esse,  nella 
strana  curiosità  mostruosa  dei  loro  soggetti,  riassumono  e  danno  subito  un  idea  gene- 


l'I  l'i    l'I  \    MI  RID10        I  !• 


rale  «li  ciò  che  fu  la  mito  >1<  >gia  «li  questi  -  strano  «  ,  ij  pop 

i  trusco.  Mo  ti i  fantastii  I,  sfingi,  gì [foni,  -  hinn  re  dalli 
angulpedi,  Ipp<  icampi,  tori  barbuti,  u<  «  '-III  dal  volto  u 
rida  lingua  pi  otratta,  uomini  dalla  coda  di  p 


YEIO  —  GROTTA  CAMPANA   —  INTERNO. 


(Fot  I.  I.  d'Arci  Grafiche  > 


orgiastiche  e  nude,  ogni  mista  forma  di  animali  sordidi  ed  orridi,  irreali  e  paurosi.... 
tale  era  la  mitologia  etrusca  di  cui  queste  antichissime  fra  tutte  le  pitture,  sono  un 
buonissimo  esempio.  Avvicinandomi  ad  esse  con  un  lume,  io  fui  colpito  dalla  strana 
vivezza  e  quasi  materiale  freschezza  del  colorito  rosso  delle  figure. 

Toccai  un  momento,  leggermente,  con  V  indice,  una  delle  figure  e  vidi  con  mia 


ITALIA  ARTISTICA 

grande    meraviglia  che  il  colore  vi  era  rimasto  attaccato   come  se    io  avessi    toccato 
una  tinta  messa  giù  dieci  minuti  fa. 

Questo  stato  di  permanente  freschezza  del  colore  è  dato  dalla  straordinaria  umi- 
dità della  roccia  e  chiunque  ama  l'arte  e  si  appassiona  ai  primi  e  lontani  tentativi 
l'atti  in  essa  dai  nostri  antichissimi  progenitori  non  può  non  pensare  con  rammarico 
che  la  disattenzione,  la  stupida,  ma  non  impossibile,  malvagità  di  un  visitatore,  una 
mano  posata  o  passatavi  sopra  da  un  bimbo  curioso,  può  distruggere  in  tutto  o  in 
parte  una  delle  più  antiche  pitture  etrusche  che  noi  conosciamo.  Ottimo  sarebbe,  io 
credo,  munire  quelle  pitture  di  un  vetro. 

Quando  la  tomba  fu  aperta  nel  1843,  essa  conteneva  sul  banco  di  destra  della 
prima  stanza  lo  scheletro  —  che  si  polverizzò  al  contatto  dell'aria  —  di  un  guerriero 
con  pezzi  del  suo  scudo  e  tutto  l'elmetto   ancor  conservato. 

Questo  elmo  aveva  in  un  lato  un  foro  che  ne  traversava  lo  spessore,  e,  rivoltando 
l'elmo,  si  vedeva  la  slabbratura  interiore  del  colpo  di  lancia  o  di  spada  che  aveva 
con  molta  probabilità  determinata  la  morte  del  guerriero. 

Egli  fu  forse  un  eroe  del  suo  tempo,  prode  come  Achille,  tenace  come  Aiace, 
prudente  come  Ulisse....  ma  nessun  Omero  cantò  le  sue  gesta  e  se  le  avesse  cantate 
e  per  felicità  del  caso  noi  le  avessimo  ritrovate,  esse  sarebbero  in  questo  momento 
così  mute  per  noi  come  se  scritte  dall'abitante  di  un  altro  pianeta. 

Molte  cose  e  molto  importanti  ci  sarebbero  da  dire  intorno  a  questa  tomba  che 
per  la  sua  alta  antichità  rappresenta  una  delle  prime  testimonianze  dell'arte  pittorica, 
ma  purtroppo  i  termini  assegnati  al  testo  di  questo  fascicolo  ci  obbligano  a  passar 
oltre. 

Dalla  Grotta  Campana  io  volli  andare  a  quella  che  era  stata  un  giorno  la  rocca 
veientana  e  che  anche  oggi,  con  singolare  tenacia  di  tradizione,  viene  chiamata  Piazza 
d'  arme. 

Strada  facendo  io  vidi  i  resti  di  un  columbarium,  dovuto  forse  ad  una  colonia 
romana  stabilitasi  a  Veio  molto   tempo  dopo  la  sua  rovina. 

Via  via  si  incontrano  ora  qualche  tomba  obliata,  dall'ingresso  occulto  tra  i  rovi, 
ora  i  segni  di  un  altro  columbarium,  ora  i  poveri  avanzi  del  selciato  di  un'antica  via. 

Ad  ogni  momento  la  mia  guida  mi  parla  d'oggetti,  di  vasi,  di  musaici,  di  armi 
trovate  qui  ;  talvolta  il  passo  risuona  cupamente  sul  terreno  erboso;  pochi  colpi  di 
piccone  basterebbero  per  metterci  forse  dinanzi  ad  un  tesoro  artistico  racchiuso  da  se- 
coli in  una  tomba  non  ancora  scavata...  ma  nessuno  dà  quei  colpi  di  piccone  ! 

Arrivati  sulla  piattaforma  di  quella  che  fu,  quasi  con  certezza,  la  Rocca,  VArx  di 
Veio,  io  mi  fermai  per  prendere  un  po'  di  riposo  e  di  cibo,  e  via  via  che  le  forze  ve- 
nivano rifocillate  la  mia  fantasia  ricorreva  alla  storia  poetica  e  tragica  di  questa 'città. 
Vi  ricordate  l'episodio  dei  trecento  Fabi? 

La  giovine  forza  di  Roma,  sempre  in  guerra  ostinata  con  Veio,  era  attaccata  con- 
temporaneamente dagli  Equi  e  dai  Volsci  e  mal  poteva  parare  a  tutti,  quando  un 
giorno  in  Senato  si  alzò  il  console  Caeso  Fabio  e  disse  che  egli  prendeva  su  di  se 
e  sulla  sua  famiglia  il  carico  della  guerra  veientana.  Che  Roma  pensasse  agli  altri  ne- 
mici, a  Veio  avrebbero  pensato  lui  e  i  suoi.  Così  in  306  marciarono  per  la  guerra 
tra  le  grida  augurali  della  patria.  «  Mai  —  dice  Livio  —  un' armata  così  piccola  in 
numero,  così  grande  nel  fatto  e  nelV ammirazione  dei  suoi  concittadini,  marciò  attraverso 


I'  I  l'i   I-  l.\    MI-  RIDII  >N  MI 


le  strade  di   Roma  ».    Inni  i   Fabi  furono,  dopo  dui 

si >1o  un  i.in«  iulli  \\  ò,  ma  qui  I  Fan<  iulli >.  (,'.  Vibul  I 

Massimo.  Corsero  lunghi  anni  da  quel  tempo,  ma  l'odio  i 

],i  costante  rivale  e  dopo  trentanni  Vcio  fu         diato  di  nuovo.  I 

da  "in>  anni  quando  le  acque  del  lago  Albano  crebbero,  d 

samente,  ad  inondar  la  campagna,  S    mandò  ad    interrogar!     I  Delfo  per 

sapere  che  volesse  dire  lo  strano  miracolo  e  mentre  si  attendeva  la 


VEIO  —  GROTTA  CAMPANA  —  PREGIO  GEOMETRICO  MILLA  SECONDA  STANZA  DELLA  TOMBA. 

.1.1.  d'Arti  Grafiche  >. 


dato  romano  sorprese  e  portò  all'accampamento,  tra  le  sue  giovani  braccia,  un  vecchio 
sacerdote  etrusco. 

Gli  Etruschi  avevano  fama  nell'arte  aruspicina;  pure  quando  il  sacerdote  etrusco 
ebbe  detto  che  i  Romani  non  avrebbero  mai  potuto  prender  Veio  sino  a  tanto 
•che  le  acque  del  lago  Albano  non  fossero  portate  via  in  modo  da  non  mescolarsi  con 
quelle  del  mare,  i  Romani  disprezzarono  la  profezia.  Ma  tornarono  i  legati  da  Delfo: 
riferirono  la    risposta  ;    essa  combinava  in    tutto  con  le  parole  del  sacerdote   etrusco. 

E  fu  allora  che  fu  fatto  quel  grande  emissario  del  lago  Albano  che  ancora  sus- 
siste, emissario  scavato  nel  vivo  sasso  del  peperino,  e  che  ogni  amatore  d'arte  o  di 
storia  visita  in  una  gita  ad  Albano.  E  così  le  acque  del  lago  invece  che  nel  mare 
andarono  a  scaricarsi    nel    Tevere.  Oramai  la    fede   nella    vittoria  non    mancò  più  ai 


46 


ITALIA   ARTISTICA 


Romani.  Visto  che  Veio  era  troppo  forte  per  esser  vinta  dalle  mura,  essi  incomincia- 
rono <\  >n  disperato  ardore  a  praticare  un  cunicolo  che  li  portasse  improvvisamente  nel 
mezzo  della  rocca  stessa  di  Veio.  Quando  tutto  fu   pronto  e  pochi    colpi    di    piccone 

soltanto  li   separavano  dall'impiantito  della  rocca,  fu  dato,  per   distornare   l'attenzione 


VEIO  —  TOMBA  ETRUSCA. 


(Fot.  I.  I.     d'Arti  Grafiche). 


dei  Veientani,  l'assalto  alle  mura  e  mentre  si  combatteva  tutt'all'ingiro  della    città  ? 
Romani  sbucarono,  improvvisi  e  terribili,  nella  rocca. 

«  Così  fu  la  fine  di  Veio  ;  la  città  più  ricca  che  portasse  nome  etrusco  e  che 
«  anche  nella  sua  rovina  mostrò  tutta  la  sua  grandezza  perchè  assediata  per  dieci 
«   estati  e  dieci  inverni,  dopo  aver  cagionato  più  danno  di  quel  che  ne  avesse    rice- 


E  I  ki  r  i  \   mi    UDII  INAI  l 

\  ni. »,  da    uli ini"  mi  '.'.  ndo    il    i  in  >   fi  [> 

guata    ». 

fale  l'elogio  che  nel  \    libro  dell  l 

Il   \'il)l>\ .  I'  Hi  >lstenius,  il  (  ri  II,  il  I>  .ni  hai 

.1  que  iti  •  i  mi"  •  •!'  '.  Se  il  «  uni»  olo  lui  ealmente  fatti  ■.  •    I  i 

—  si  adatterebbe,  esso  è  ora  certamente  ostruito  dalli 

zi* 'in-,  e  s  >li  ■  una  ricerca  i>  tzienl     i    I 

l<>  visitai  altre  tombe  tutte  egualmente  importanti  per  larcb 


VEIO  —   INGKESSO  DI   UNA  TOMISA. 


quella  che  vien  detta  Tomba  grande  a  Casalotto,  ma  di  un  interesse  generale  troppo 
relativo  perchè  io  mi  fermi  a  parlarne  qui. 

Era  la  sera  quando  mi  avviai  a  partire  e  dagli  sguazzi,  curiose  piccola  cupolette 
■di  terra  aperte  alla  sommità,  dei  Panteon  in  miniatura,  sporgevano  fuori  i  musi  te- 
neri, curiosi  dei  capretti  che  aspettavano  le  madri.  A  poca  distanza  di  là  io  non  potei 
trattenermi  dall'osservare  una  delle  più  piccole  scene  della  vita  animale,  ma  anche 
-delle   più  significative  e  toccanti  che  mi  sia  stato  dato  vedere. 

Morta,  uccisa  forse  dal  tallone  di  un  ragazzo  che  l'aveva  sorpresa,  giaceva  sul 
terreno  erboso  un  piccolo  topo  femmina. 

I  due  topolini  avevano  ritrovato  il  cadavere  ancor  caldo  della  madre  e  si  erano 
attaccati   alle  sue  mammelle.  Anche  morta  la  povera  madre  faceva  il  suo  officio. 


48  ITALIA  ARTISTICA 

La  cosa  vi  sembra  leziosa?  Allora  non  siete  poeti,  anzi  non  avete  poesia  nel- 
l'anima. 

Intorno  ad  un  soggetto  meno  poetico  di  questo,  intorno  al  nido  di  un  topo  di- 
sfatto dall'aratro,  Roberts  Burns  ha  ereato  una  delle  liriche  più  toccanti  della  lettera- 
tura inglese: 

<   Questo  piccolo  mucchio  di  foglie  e   di  stoppie 
t'era  costato  un  ben  lungo  rosicchiare! 


Tu  vedevi   i  campi  ignudi   e   desolati 

e   il   rigido   inverno  affrettarsi 

e  epa  caldo,  riparato  dal  soffio, 

pensavi  abitare, 

quando,   crac  !   il  crudel  vomero  è   passato 

attraverso  la  tua  casa. 

La  critica  storica  si  è  specialmente  accanita  su  tutta  la  poesia  episodica  della 
guerra  contro  Veio.  Si  è  portato  il  numero  dei  300  Fabi  a  5000;  poi  parvero  troppi 
e  il  numero  fu  ridotto;  nell'episodio  stesso  della  strage  dei  Fabi  si  è  voluto  cercare 
un  sincronismo  specioso  con  le  battaglie  delle  Termopili,  dimenticando  che  la  tradi- 
zione riferisce  l'episodio  romano  al  477  e  quello  greco  al  480;  nel  racconto  del  cu- 
nicolo si  è  voluto  trovare  una  medesima  base  affatto  leggendaria  paragonandola  al- 
l'altro col  quale  si  dice  avessero  i  Romani  preso  Fidene  nel  435. 

Ma  che  cosa,  cominciando  col  distruggere  molte  volte  sé  stessa,  non  ha  distrutto- 
la critica  storica  ? 

Quello  che  spero  che  la  critica  storica  non  si  proverà  a  distruggere  è  la  distru- 
zione di  Veio,  perchè  davvero  mai  città  fu  più  distrutta  di  questa. 


IL  LAGO  DI  BRACCIANO. 

ANGUILLARA. 

Da  Veio  era  mia  intenzione  andare  all'  antica  città  etrusca  di  Sutri  dove  io  sa- 
peva che  avrei  trovato  ruderi  e  monumenti  di  alta  importanza  artistica. 

Ma  il  lago  di  Bracciano  con  i  suoi  paesetti  a  specchio  della  conca  tranquilla 
sorridevano  tanto  nella  mia  memoria  che  io  risolsi  di  non  lasciarli  fuori  del  mio  iti- 
nerario. Però  onde  accorciare  il  lungo  cammino  io  mi  servii,  più  borghesemente  che 
archeologicamente,  del  treno. 

Da  Veio  ritornai  dunque  all'  Isola  Farnese,  di  là  alla  Storta  e  dalla  Storta  io 
presi  il  treno  della  linea  Roma-Viterbo,   e  scesi  alla  fermata  delle  Crocicchie. 

Là,  a  qualche  passo,  è  un  povero  gruppo  di  quelle  capanne  che  servono  ancora  in 
tanta  parte  del  Lazio  come  abitazione  di  pastori  e  contadini.  Ve  ne  sono  alcune  dalla 


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ITALIA    ARTISTICA 


forma  conica,  ben  fatte,  grandi;  e  ci  sarebbe  da  giurare  che  i  Romani  dell'età  prero- 
mulea non  fabbricavano  abitazioni  di  tipo  differente  da  questo.  Jl  cuore  di  un  buon 
italiano  che  abbia  visto  a  500  m.  da  Piazza  del  Popolo  le  abitazioni  dei  cavernicoli 
deve  battere  di  gioia  vedendo  queste  capanne,  perchè  esse  rappresentano  di  già  un 
bel  cammino  sulla  via  della  civilizzazione.  Ancora  qualche  secolo  e  poi  i  cavernicoli 
di  fuori  Porta  del  Popolo  si  saranno  costruiti  delle  capanne  così,  e  questi  abitanti 
delle  Crocicchie  saranno  passati  all'architettura  in  legno.  Poi  si    passerà    a    quella  in 


ANGUILLARA  —  RUDERE  DI   UN'ANTICA  VILLA  ROMANA,  POI  CONVENTO  DI  S.  STEFANO- 

(Fot.  I.  I.   d'Arti  Grafiche). 


pietra;  Roma  non  fu  fatta  in  un  giorno  e  non  ci  sono  i  salti  in  natura,   né  in    fatto 
di  civiltà.       ............... 

Dalle  Crocicchie,  io  mi  incamminai  verso  il  piccolo  paese  dell'  Anguillara.  Era 
l'aprile  e  lo  scenario  uniforme,  grandioso,  della  vasta  e  solenne  campagna  romana,  non 
era  interrotto  che  da  qualche  volo  di  cornacchie,  quando  tutto  ad  un  tratto,  dinanzi 
ai  miei  occhi  meravigliati,  si  levò  lo  spettacolo  improvviso,  e  quasi  pauroso,  di  un 
enorme  rudero  che  solo,  quadrato,  sembrava  alzare  al  cielo  le  sue  mutili  membra  ros- 
sagne.  Questo  rudero,  che  fuori  dalla  campagna  romana,  formerebbe  la  curiosa  e 
celebre  attrattiva  di  tutti  i  turisti,  è  qui  quasi  completamente  ignorato.  Non  se  ne 
trova  neppure  il  nome  sulla  guida  del  Baedeker  e  l'Abbate,  nella  sua  Guida  della 
Provincia  di  Roma,  ne   dà  appena  un  cenno. 


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52 


ITALIA   ARTISTICA 


Le  fotografie  che  presentiamo  ai  lettori  serviranno,  più  che  le  mie  parole,  a 
formare  un'idea  della  sua  solitaria  grandiosità. 

Nell'interno,  appoggiata  alla  sporgenza  di  un  arco  abbattuto,  era  una  lunga  scala 
a  pioli  ;  vi  montai  e  di  lassù  osservai  attentamente  il  rudero.  Apparteneva  chiaramente 
a  tre  epoche  molto  distanti  l'ima  dall'  altra.  La  prima  romana,  la  seconda  medioevale, 
la  terza,  relativamente  moderna,  più  recente. 

Quando  tornai  a  Roma  il  mio  primo  pensiero  fu  di  fare  qualche  ricerca,  ma  non 
fui  troppo  fortunato.  Si  tratta  di  una  villa  romana  del   I  secolo  dopo  Cristo,  la  quale 


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ANGUILLARA 


PARTICOLARE  DELLE  MERA  DI  S.  STEFANO. 


(Fot.  1. 1.  d'Arti  Grafiche). 


fu  poi  nell'  ottavo  secolo  ridotta  ad  uso  di  convento  col  nome  di  Santo  Stefano  da 
un  ordine  di  frati  detto  degli  «  Umiliati  ».  Il  convento  fu  distrutto  e  l'ordine  soppresso 
da  S.  Pio  V,  perchè  durante  il  tempo  in  cui  Pio  V  era  stato  vescovo  a  Sutri  e  Nepi, 
gli   Umiliati,  forse  per  fare  onore  al  loro  nome  !,  gli  si  erano  ribellati. 

Il  rudero  porta  anche  segni  evidenti  di  ulteriori  adattamenti  dovuti  ad  epoca 
molto  posteriore,  forse  del  XIV  o  XV  secolo. 

Da  queste  mura  di  Santo  Stefano  all'antica  città  di  Anguillara  non  ci  sono  che 
un  paio  di  chilometri. 

Se  Anguillara  derivi  il  suo  nome  dal  numero  straordinario  delle  grosse  e  anche 
troppo  grasse  anguille  del  lago  di  Bracciano  nelle  cui  acque  si  specchia,  o  più  proba- 


Il  «URIA    VII   l'IM     N.M  I 


bilmente  dalla    linea  della    co  ta  del    l  igo  i  he  forma    in  quel  p 

trante  bu  cui           va  una  villa  di  tta   Angularia  S  ',"- 

troppo  lontano;  comunqui     ia,  la  storia  «li  questo  p  I                  d  i 

indissolubilmente  congiunta  a  quella  della    forti     potenti  \" 


!."  -  ♦-  ">•      «CV 


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ANGUILLARA  —  UN  LATO  DELLE  MURA  DI  S-  STEFANO. 

(Fot.   I.    I.  d'Arti  Grafiche). 


guillara,  la  quale  portava  appunto  nella  sua  arma  temuta  due  anguille,  incrociate  e 
rigide  come  due  spade.  Anguillara  è  in  paragone  degli  altri  paesi  della  provincia  ro- 
mana assai  pulita  e  si  presenta,  anche  internamente,  assai  bene. 

Ma  il  merito  di  ciò  è  dovuto  forse  più  alla  vicinanza  immediata  del  lago,  che 
ne  permette  con  poca  spesa  la  fognatura  e  lo  spurgo,  che  ad  una  speciale  attività 
degli  abitanti. 


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ITALIA   ARTISTI*  A 


!n   Ogni   modo  l'impressione  è  buona. 

Una  lunga  strada,  che  ha  per  sfondò  una  bella  gradinata  mettente  alla  cattedrale,  di- 
vido in  due  parti  il  paese  che  è  posto  a  pendìo  del  monte;  il  commercio  delle  anguille 
e  delle1  enormi  trote  del  lago  (enormi,  ma  non  squisite)  frutta  assai  bene  e  qui  si  pos- 
sono trovare  osterie  un  po'  meno  ugoline  che  in  tanti  altri  paesi  o  borghi  circonvicini. 
Una  cosa  che  non  mi  era  mai  accaduto  di  vedere  altrove  e  che  merita  la  pena  di  esser 
accennata  come  un  bell'esempio  di  umana  dissociabilità  è  questa:  percorrendo  talvolte 
le  vie  di  Anguillara  ci  si  abbatte  a  vedere  due,  tre,  quattro  o  più  case,  fabbricate  l'una 


ANGUILLAIU 


MURA  DI  S.   STEFANO 


INTERNO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche;. 


così  vicina  all'altra  che  i  muri  vengono  a  formare  un  vicolo  di  settantacinque  cent.r 
e  anche  meno,  di  larghezza.  Sotto  questo  rapporto  Anguillara  può  vantarsi  di  avere  le 
vie  più  anguste  del  mondo,  solamente  esse  hanno  il  difetto  del  proprio  pregio  perchè 
non  sono  viabili.  Una  persona  ben  formata  e  in  buona  salute  non  potrebbe  avven- 
turarsi là  dentro  perchè  basterebbe  il  più  minimo  e  meno  sensibile  dei  movimenti 
sismici  (e  bisogna  ricordarsi  che  Anguillara  è  fabbricata  in  un  piccolo  promontorio 
vulcanico  del  vulcanico  lago  di  Bracciano)  per  determinare  un'ostruzione  certamente 
più  seria  di  qualsiasi  consorella  parlamentare  ! 

Come  e  perchè  mai,  io  pensavo  tra  me,  sarà  venuto  in  mente  a  qualcuno  di  fab- 
bricare delle  case  tanto  vicine  ?  Allora  potevano  attaccarle  addirittura  ed  avrebbero  rispar- 


s. 


ITALIA   ARTISTICA 

miato  un  muro!  —  E  già  mi  compiacevo  della  mia  perspicacia  quando  il  calzolaio  che 
mi  accompagna  va  venne  a  disilludermi  dicendomi:  —  Le  hanno  fatte  così  vicine  perchè 
lo  spazio,  all'Anguillara,  non  è  molto  e  dall'altra  parte  capirà  che  nessuno  clic  aveva 
tatto  di  già  una  casa  voleva  prestarsi  a  dare  gratis  il  muro  e  l'appoggio  a  quello  che 
veniva  dopo. 

—  Per  bacco,  ma  il    i°  poteva  farsi  pagare  dal   2"  ! 

—  Eh!   ma  capirà  che  il   20  vedendo  che  al    i°   oramai   non   costava    nulla  il  dar 
l'appoggio  del  muro  non  voleva  pagare  !.., 


A.NGUILLARA  —  LA  PORTA. 


(Fot.   I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


—   Ottimamente,  Biagio  !  E  se  tutte  le  cose  del  mondo  andassero  come  questa  credi" 
che  si  marcerebbe  meglio,  ma  meglio  assai  !  —  E  ora  conducimi  a  vedere  l'emissario. 

L'emissario,  che  col  nome  di  Arrone  porta  al  mare  le  acque  del  lago  di  Bracciano 
traversando  la  pianura  di  Maccarese,  celebre  nei  fasti  della  Dea  Diana  ma  anche  della 
Dea  Febbre,  è  a  pochi  passi  dal  paese.  Vi  si  accede  per  un  sentiero  acquitrinoso,, 
erboso,  e  clamitoso  di  rane  saltellanti.  Prima  di  giungervi  s'incontra  una  chiusa  di 
legno  fatta  dai  pescatori  dove  mi  dicono  che  talvolta  ci  si  siano  prese  sino  a  5  quin- 
tali d'  anguille  per  giorno  e  queste  anguille  sono  così  grasse  e  —  per  quelli  cui  piac- 
ciano !  —  così  gustose  che  Dante  avrebbe  potuto  paragonarle  a  quelle  del  lago  pros- 
simo e  più  grande  di  Bolsena. 


z 

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58 


ITA].! A  ARTISTICA 


ANGUILLARA  CON  VEDUTA  DEL  LAGO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Un'iscrizione  su  di  un  frontone  posto  all'entrata  dell'emissario  ricorda  l'opera  fat- 
tavi da  Pio  VI. 

Le  acque  del  lago  di  Bracciano  sono  disgraziatamente  congiunte  con  la  storia 
dell'acquedotto  che  di  qui,  raccogliendo  varie  sorgenti  di  polle  del  territorio,  Traiano 
fece  costruire  per  aggiungere  un'altra  vena  di  acqua  salubre  che  andasse  ad  arricchire 
ancor  più  Roma,  già  di  acquedotti  così  ricca.  Ai  tempi  di  Belisario  Roma  arrivò  a  con- 
tare 14  acquedotti  —  Appia,  Anio  Vetus,  Marcia,  Tepula,  lulia,  Alsietina,  Virgo,  Claudia, 
Anio  Novus,  Aqua  Augusta,  Traiana,  Antoniniana  (Caracalla),  Alessandrina,  Ioria  — 
oggi  ne  conta  quattro  :  quello  dell'acqua  di  Trevi,  quello  dell'  acqua  Felice,  quello 
dell'  acqua  Paola,  il  quale  ha  preso  il  nome  da  Paolo  V  che  lo  riparò  e  riattivò,  e 
quello  dell'acqua  Marcia. 

Questo  acquedotto  fu  dunque  costruito  perla  ia  volta  da  Traiano,  ma  allora  esso 
non  raccoglieva  che  le  polle  sorgenti  dal  monte  di  Rocca  Romana,  dalle  terre  di  Bas- 
siano, Oriolo  ed  Anguillara,  e  l'acqua  era  pura  ed  ottima. 

Ma  nel  secolo  Vili,  e  precisamente  nel  775,  papa  Adriano  I  —  l'accanito  ne- 
mico del  longobardo  re  Desiderio  e  l'astuto  amico  di  Carlo  Magno  —  pensò  di  riat- 
tivare questo  acquedotto  rimasto  come  tutti  gli  altri,  meno  uno  !,  ostruito  e  ridonare 
un  po'  d'acqua  al  popolo  assetato  di  Roma.  Si  era  oramai  arrivati  al  punto  che  an- 
che il  pozzo  di  San  Pietro  e  il  bagno  dei  pellegrini,  che  si  adoperava  per  la  Pasqua, 


I-  I  KI'KIA    MI  !  '  Il  M  '  >\.\l  I 


\\U  IILLARA   \  Klill  \   DA   LEVAN  II  • 


.  I.  I.  d'Arti  Gì 


dovevano  essere  alimentati  a  forza  di  botti  trasportate  a  gran  fatica  !  '.  Fu  forse  per 
la  prima  volta  allora  che  per  accrescere  la  quantità  di  acqua  se  ne  immise  nell'  ac- 
quedotto anche  una  certa  quantità  del  lago  e  l'acqua  divenne  così  impura  e  pericolo- 
samente potabile. 

Tale  è  rimasta  anche  oggi  nonostante  tutte  le  successive  riparazioni. 

Ma  il  sole  bruciava,  ed  io  pensai  che  era  oramai  tempo  di  ar.dare  a  visitare  quello 
che  forma  l'attrattiva  più  grande  del  luogo  :  il  Castello  dei  Conti  Anguillara,  i  fieri 
parenti  degli  Orsini. 

La  famiglia  Anguillara  è  una  di  quelle  che,  come  le  sue  contemporanee  dei 
Prefetti  di  Vico,  degli  Orsini,  dei  Savelli,  dei  Colonna,  dei  Frangipani,  illumina  di  una 
luce  sanguigna  e  fosca  un  lungo  tratto  della  storia  medioevale  di  Roma. 

Il  più  celebre  degli  Anguillara  —  celebre  per  fama  infame  !  —  f-u  il  conte 
Everso. 

Durante  il  pontificato  di  Enea  Silvio  Piccolomini,  che  fu  papa  Pio  II  nel  1458, 
questo  conte  Everso  si  era  via  via  impadronito  delle  terre  che  avevano   appartenuto 


1.  I  ctippellari,  donde  venne  il  nome  dell'ancora  esistente  via  delle  Coppelle,  erano  degli  ucmini  che  ccn  dei  barili 
-  cuppejle  —  andavano  sino  ai  luoghi,  spesso  lontani,  dove  gli  acquedotti  rovinati  versavano  acqua  formando  dei  veri 
laghetti  e  là  empivano  i    loro  recipienti  e  portavano    —  a  schiena    di  asino  —  l'acqua   a  Roma. 


ITALIA   ARTISTI*  A 


ANGUILLARA 


LA  STRADA  PRINCIPALE. 


(Fot.   I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


alla  casa  dei  Prefetti  di  Vico.  Fu  anzi  in  questa  fiera  famiglia  ghibellina,  di  origine 
forse  germanica,  quella  in  cui  durò  sino  al  1435  il  titolo  ereditario  di  prefetto  che  era 
il  pallido  riflesso  di  quella  podestà  imperiale  romana  il  cui  ultimo  avanzo  si  era 
già  spento  nel   1198. 

In  questo  territorio  il  conte  Everso  taglieggiava,  saccheggiava,  rubava,  impri- 
gionava, uccideva....  e  batteva  moneta  falsa.  Era  completo,  insomma.  Ma  fermiamoci 
un  momento  su  questa  figura.  Tanta  fantasia  di  romanzieri,  tante  muse  di  poeti  ro- 
mantici si  sono  ispirate  a  questi  tipi  di  conti  o  baroni  medioevali  che  non  dispiacerà 
forse  al  lettore  vederne  qualcuno  nella  realtà  della  storia,  specialmente  quando  questi 
sia  —  come  è  ora  il  caso  col  conte  Everso  —  proprio  un  tipo  della  razza. 

Raccontare  la  sua  vita  per  disteso  ci  condurrebbe  però  oltre  i  termini  a  noi 
prescritti  ;  riassumere  gli  avvenimenti  è  come  ridurre  una  tragedia,  vasta  e  passio- 
nale, ad  una  fredda  enumerazione  di  fatti,  sicché  io  credo  che  il  meglio  che  qui  si 
possa  fare  sia  di  ripetere  il  giudizio  che  del  conte  Everso  —  morto,  ben  inteso  !  — 
dava  un  contemporaneo,  il  Cardinal  di  Pavia. 

Eccolo,  quale  lo  traduco  fedelmente  dal  grosso  ma  esprimente  latino  quattro- 
centesco :  «  Everso,  capostipite  della  sua  famiglia,  dominava  a  tempo  nostro  An- 
guillara  ed  era  un  disprezzatore  di  uomini,  di  santi  e  di  Dio. 

«  Per  tutto  il  tratto  che  va  da  Viterbo  a  Roma  infestava  le  strade  con  assidui 


I    I  l'I    l<|.\    Mll'll  >K  INAI  I 


lai 1 1  ii  un   ih  »n   pi  ni.  >nand<  >  a   m  ss  un  a    qualità  «I;  u< mini,  i 

.il  rubare,  aggn  diva   I  miseri   ■.  tagliati  ■<  i    <  hi     «I."  ■  igni  i 

quesl i  in  >st  1 1  santuari  i  ran<  i        d< >p< 1  tanl 

naufragi»  i  s<  >tto  i  nostri  occhi  i    i  [uà  :   in  p  rto,    \  • 

disperata  servitù,  Raramente  i  nostri  occhi  erano  ri  parm    l    d 

ramente  il  p  mtefice,  usi  end<  »  in  pubblici  »,    mani         di 

gli  .  ippressi  :        e  chi  m<  >stra\  .1  la  sua    nud  tà,  <    eh 

colpii  e  chi    piangeva  le  Perite  e  la  morte   del    parenti.         Fu    il    p 

infame  del  n<  >st  r<  »  tem]  n  >, 

«   Non  aveva  alcuna    religione,    nessun    rispetto  di  I  Ji"  0  rlegl    uomini;  i 
pestivi  e  solenni  disprezzava    tutti    ugualmente  ed  anche  di    Dom< 
suoi  miseri  sudditi  .1  lavorare  per  lui, dicendo  che  siccome  la  domen 
del  Signore,  a  lui  era  dovuta,  che  era  il  loro  Signore.  Non  voleva  che 
salvo  dalle  sue  libidini  e  con  impelo  ter. de  venivano  portati  alle  sue  ipre 

apparecchiando  <  ol  terrore  quello  «'la-  la  impudica    menti  .  Sp  ntre  la 

sposa  veniva  condotta  allo  sposo  fu  presa  da  lui  e  dovè  prima   sopportare  il  1 

bio    della    sua    oscenità. 

«    ....Di    nessuno     desiderò   o   il     campo   o   il   bove   0   l'asino    che    non    i 

ci^w  ingiuria  ....  ». 

Insomma  se  Alessandro  Manzoni   avesse  posto  la  scena  del  suo  romanzo  invi 


ANGUILLARA.  —  VEDUTA  DI  DUE  STRADE. 


(Fot.  I.    I.  d'Ari  Grafiche). 


ITALIA  ARTISTICA 


che  in   Lombardia  nel   Lazio,  e  sul  lago  dell' Anguillara  invece  che  su  quello  di  Lecco, 
avrebbe  trovato  qui  uno  stupendo  tipo  d'Innominato  storico. 

Morto  lui,  i  due  nipoti  furono  soprafatti  dall'ini  del  papa;  le  loro  rocche  furono 
prese  da  Napoleone  Orsini,  Federigo  d'Urbino,  il  cardinale  Fortiguerra,  e  in  esse  si 
trovarono  enormi  ricchezze  ammassate,  poveri  prigionieri  langu<  nti  da  anni  ed  anni. 
come  sepolti  vivi  negli  occulti  carceri  dei  castelli  e  si  trovarono  anche  tutti  gli 
strumenti   atti   a   batter   moneta  falsa. 


ANGUILLAIA  —   L'EMISSARIO  DEL   LAGO. 


(Fot.  I.  I.  cTArti  Grafiche). 


Di  questa  famiglia  della  quale  ora  mi  accingevo  a  visitare  il  castello  maggiore, 
restano  memorie  e  ruderi  in  molti  dintorni  di  Roma  ed  in  Roma  stessa  rimane  in 
Trastevere  quel  palazzo  con  quella  torre  che  dal  loro  nome  si  chiama  appunto  An- 
gui 11  ara. 

Entrai  nel  castello  :  la  mia  aspettativa  non  fu  delusa. 

Torrioni  inutili  cui  l'edera  si  arrampica  con  forti  e  torte  braccia  vellose,  mura 
nel  cui  spessore  possono  trovare  area  delle  intiere  camere,  e  sotterranei  e  prigioni 
orrice. 

Questo  vecchio  castello,  dal  quale  si  gode  pure  una  vista  così  lieta  del  ridente  lago, 
tale  che  essa  fa  ricordare  subito  la  trepida  odicina  di  Catullo  a  Sirmione,  appartiene 


WGUILLARA  —  CASTEL1  0  ORSINI, 


(Fot.  I.  I.    l'Ari     G 


ANGUILLARA  —   PARTE   INTERNA  DEL  CASTELLO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafi 


64 


ITALIA  ARTISTICA 


oggi  alla  casa  napoletana  dei  Doria  di  Eboli  e  ne  è  affittuario  un    vecchio  e  vegeto 
medico  abruzzese  che  vive  là  tranquillo  e  buono,   con  la  famiglia   affettuosa. 

Ma  esso  servì  di  triste  prigione  sino    a    tempi    relativamente    recenti    ed    alcune 
povere  iscrizioni,   alcuni  di  quei  graffiti  murali  con  i  quali  i  prigionieri  non  mancano 


ANGUILLARA  —  CATTEDRALE 


MADONNA  DELLA  TORRE. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


mai  di  divertire  l'ozio  doloroso  del  carcere,  datano  da  duecento  anni  e  meno  ancora. 

«  Nicola  Cortellini  fui  carcerato  per  una  rosa  175 1  »  —  «  Pasquale  Moscatelli 
fui  carcerato  il  5  novembre  l'anno   1779  ».... 

E  via  via  che  si  osserva  si  vede  che  queste  mura  sono  tutte  un  graffito  di  do- 
lore. Recente;  perchè  le  iscrizioni  più  antiche  venivano  mano  a  mano  cancellate  ad 
ogni  imbiancatura  di  calce. 


I    I  1:1   Kl.\    MlklM'  iN'AI  I 


I  .,i  nii.i  guida   mi  m<  «1 1 1 1  un  fi  >rm  •   dove    <li(  ■  >n< ■ 
■.'  [i  interi  <  >nde  nes  mno  li   rh  edesse,   | x  >i   un  angusti >  foi 

dic< 'ii' >    c< 'Minili'  lii    <•■  'ii   l.i   •  i rada   r< >man  d  <li  i*zza 


^NGUILLARA  —  CASTELLO  ORSINI  —  LA  ROCCA.         (Fot.  I.  I.   d'Arti  Grafiche). 


in  caso  disperato  ed  il  condotto  per  il  quale  buttavano  il  pane  e  calavano  l'acqua  ai 
prigionieri. 

Questo  castello  avrebbe  senza  dubbio  eccitato  la  cupa  fantasia  di  Mrs.  Anna 
Ward  Radcliffe,  ma  visitando  luoghi  così  e  ripensando  che  gli  uomini  furono  in 
tempi,  relativamente  vicini,  così  stupidamente  vili  da  sopportare  tali  esosi  padroni, 
si  perde  quella  po'  di  fiducia  che  nell'orgoglio  e  nella  dignità  umana  si  potrebbe 
ancora  avere. 


66 


ITALIA  AK'IISI  HA 


Uscito  di  lì,  la  conversazione  intelligente  e  gentile  de]  dottore  e  della  sua  famiglia 
e  un  buon  desinare  fatto  in  faccia  al  sorriso  del  lago,  sotto  il  pergolato  di  un'osteria, 
mi  misero  lo  spirito  e  lo  stomaco  a  posto  ed  io  partii  allegramente  per  Trevignano 
costeggiando  il  lago,  dimenticando  gli  Anguillara  e  gli  Orsini  che  Biagio,  la  mia  guida, 
continuava  e  chiamare   «  I  boiaccia!...  ». 


TREVIGNANO. 


E'  un  povero  paese  di  circa  ottocento  abitanti,  che  sorge  su  di  una  balza  basaltica 
sul  luog'o  dove  era  forse  un  giorno  l'Etrusco  wSabate,  la  città  che  la  leggenda  popo- 
lare dice  sepolta  nel  fondo  del  lago  a  cui  dette  il  nome  di  Sabatinus. 

Trevignano  è  ancora  dominato,  come  da  un  fantastico  uccellacelo  da  preda 
accoccolato  sulla  cima  di  una  roccia,  dal  diruto  castello  degli  Orsini.  Questo  castello 
non  ha  nulla  a  che  fare,  come  grandiosità,  con  la  mole  gigantesca  dell'immane  castello 
che  dal  vicino  paese  di  Bracciano  invade  della  sua  ombra  pesante  le  acque  del  lago; 
pure,  tal  qual  è,  mutilo,  ruinato  e  ruinoso,  con  la  sua  rocca  eretta  ancora  verso  il 
cielo  come  una  minaccia,  esso  dà  meglio  l'idea  della  forza  e  della  prepotenza  dei  suoi 
selvaggi  signori  che  tutto  il  largo  ed  enorme  castello  di  Bracciano.  In  quella  picco- 


TREYIGNANO  —  MURA  DELLA  ROCCA  ORSINI. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


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I  I  ALLA  ARTISTICA 


lezza  è  meglio  condensato  il  carattere.  Nella  lotta  che  nel  1503  si  svolse,  con  la  tei- 
ribilità  di  un  uragano,  tra  gli  Orsini  e  Cesare  Borgia,  coadiuvato  ed  assistito  dal 
suo  degno  padre  papa  Alessandro  VI,  questo  castello  fu  preso  e  smantellato  insieme 
a  molti    altri.    Dinanzi  a  Cesare  Borgia  che,  con  un  colpo  da   maestro  di  ogni  tradi- 


TREV1GNAN0  —  RUDERI  DEL   CASTELLO  ORSINI. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti   Grafiche). 


mento,  aveva  in  Sinigaglia  attirato  nel  suo  palazzo  e  spento  i  suoi  nemici  e  che  ora 
marciava  trionfante  su  Roma  per  congiungersi  al  padre,  fuggivano  sbigottiti  i  Vitelli, 
i  Baglione  ed  egli  a  Castel  della  Pieve  faceva  mettere,  in  un  momento  di  malumore, 
a  morte  i  due  tristi  prigionieri  che  portava  con  sé  :  il  Gravina  e  Paolo  Orsini. 

Quale  pantano  morale  dovette  essere  l' Italia  allora,  se  si  pensa  che  Nicolò  Ma- 


TREVIGNANO  —  CAPANNE  SULLA  VIA   hi   BRACCIANO. 


fiche». 


TREVIGNANO  —  CASE  RUSTICHE  AL  PORTO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche 


I  I  ALIA  ARTISTICA 

chiavelli  incontrava  e  conosceva  in  quel    tempo    questo    Cesare  Borgia,    che  doveva 
poi  assurgere  nella  sua  mente  a  tipo  ideale  di  principe! 

E  ai   24  d'aprile  del   1503   Alessandro  VI  e  Cesare  Borgia,   venuti   alTAnguillara 


TREVIGNANO  —  CHIESA  DI  SANTA  MARIA  ASSUNTA  —  AFFRESCO. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti   Grafiche)- 


per  visitarvi  i  castelli    conquistati    agli  Orsini,  saranno    certamente    arrivati    anche  a 
Trevignano. 

Due  mesi  prima,  in  Castel  Sant'Angelo,  era  morto  di  veleno  il  cardinale  Orsini;: 
la  figlia  del  papa,  Lucrezia,  era  stata  lasciata  in  Vaticano  come  vicariessa,  i  beni  dei 
Colonna,  dei  Savelli,  dei  Caetani,  dei  baroni  di  Poiano  e  di  Magonza  e  degli  Estou- 
teville  erano  stati  confiscati  ;  Xepi,   Palestrina,  Paliano,   Rignano,  erano  dati  in  feudo- 


TREVIGNANO    —    CHIESA    DI    SANTA    MARIA    ASSUNTA    —    TRANSITO    DELLA    VERGINE. 

(Fot.  I.   I.  d'Arti  Gr.  : 


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.ni  un  bambino,  Giovanni    Borgia,    nato  ••!  papa    dalla    Giulia     l 

cosi  piena  di  spavento,  di  delitti  e  «li  ira  che  molti  l  impauriti. 

M.i  | >assia mo  soi ira  a  questa   i  ■  ria. 

<  Ira  Tiv\  ìgnan<  »  è  p< a  er<  >,  ma    <  alm<  >j  «•  o  >m< 
suo  passato  non  gli  rimane  che  questo  castellacelo  minato  e  la  bella  chiesa  <i 
Maria  Assunta,  dove  sono  dei  buoni  affreschi  di  scuola  di   Raffaeli  ■.  ma  ci 


TREVIGNA.NO  —  CHIESA  DI  SANTA  MARIA  ASSUNTA  —  PARTICOLARE  DELL'AFFRESCO:  IL  TRANSITO  DELLA  (TERGINE. 

(Fot.  I.  I.  d'A 


ziatamente    ha    delle    crepe    enormi    nelle    volte  e  minaccia    un    giorno  o  l'altro  di 
rinnovare  su  i  fedeli  qualche  gesta  Borgiana. 


VICARELLO. 


Se  il  nome  di  Vicarello  viene  da  Vicus  Aurelius  allora  queste  rovine  sarebbero 
dell'epoca  di  quegli  Antonini  che  nel  II  sec.  di  Cristo  adottarono  in  onore  del  pio  im- 
peratore, Titus  Aurelius  Fulvius  Antoni nus,  il  nome  di  lui. 

Poche  e  sparse  rovine,  esse  hanno  però,  come  tutte  le  costruzioni  romane,  il 
loro  indelebile  carattere  di  grandiosità. 


VICARELLO  —  VIALE  DELL'  ISTITUTO  GERMANICO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


VICARELLO  —  INGRESSO  DI  VILLA  GRANDE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


io 


7* 


ITALIA  ARTISTICA 


Queste  costruzioni  servivano  nel  Medio-Evo  anche  di  abitazione  e  pare  che  nella 
prima  metà  del  secolo  XIV  appartenessero  ai  monaci  di  San  Gregorio.  E1  possibi- 
lissimo: da  i  primi  monaci  che  cominciarono  a  venire  a  Roma  nel  III  sec.  in  poi, 
il  numero  fu  tale  che  spesso  i  muri  malsicuri  della  vecchia  città  non  dovevano  più 
bastare. 

Il  monachesimo  fu  una  specie  di  filossera  che  invase  a  quel  tempo  lo  spirito 
umano  ed  uno  spettacolo  bene  strano  dovevano  presentare  le  vie  di  Roma  nei  primi 
anni  del  secolo  V  quando  i  figli  dei  consoli,    dei    patrizi,     dei    senatori  romani,  non 


VICARELLO  —  VIGNA   GRANDE  —   RUDERI  DEL  RAGNO  ROMANO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


arrossirono  più  di  mostrarsi  per  le  vie  di  Roma  con  la  testa  rasa  e  il  corpo,  imba- 
cuccato nella  lana  della  tonaca,  sì  che  San  Girolamo  potè  finalmente  dire  :  «  Ai 
tempi  nostri  Roma  presenta  uno  spettacolo  non  mai  veduto  dal  mondo  in  tempi 
anteriori.  Altra  volta  pochi  cristiani  si  contavano  tra  i  sapienti,  tra  i  potenti,  tra  i 
patrizi;  oggidì  invece  molti  uomini  illustri  per  potenza,  per  sapienza,  per  nobiltà  di 
sangue,  si  numerano  tra  i  monaci  ». 

Ma  Vicarello  è  celebre  a  Roma  e  nei  dintorni  per  i  suoi  bagni  di  acqua  mine- 
rale, i  risultati  dei  quali  sembrano  essere  realmente  efficaci  in  tutte  le  manifestazioni 
dell'acido  urico.  Sono  le  acque   Aureliane,  da  identificarsi  con  le    Aquae    Apolinares 


2 


2 


VICARELLO  —  VIGNA   GKANDE  —  AVANZI  DI  BAGNO  ROMANO.  (Fot.  I.   I.  d'Ara  Graficlic) 


VICAR.ELLO  —   RUDERI    DEI    BAGNI. 


VICARELLO    -  RURKRI   DI   UiN  BAGNO  l'.OM\.\u. 


i  Fot.  I.  I.  d'Arti  I 


VICARELLO  —   STABILIMENTO  TERM  \LE. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


82 


ITALIA  ARTISTI*  A 


nominate  in  quell'Itinerario  di  Antonino  che,  pur  nella  sua  arida  enumerazione,  rimane 
il  lavoro  geografico  più  importante  che  la  Roma  imperiale  ci  abbia  trasmesso. 

Lavorando  per  il  nuovo  stabilimento,  si  trovarono  nel  grande  bacino  innumerevoli 
pezzi  di  aes  rude  ed  aes  signatum,  rappresentanti  forse  l'offerta,  la  stipe,  dei  guariti  l. 

In  questi  dintorni  i  luoghi  sono  bellissimi:  lì  presso  è  una  villa  splendida  i  cui 
pini  dalla  chioma  nuotante  nell'aria  sono  abitati  da  pavoni  superbi  ma  stonati  come 
un  coro  teatrale  italiano;  più  oltre  è  lo  stabilimento  enologico  del  principe  Odescalchi 
che  vi  tiene  anche  dei  cavalli  da  corsa  e  oltre  ancora  e  finalmente  è  Bracciano. 


BRACCIANO 


IL  LAGO. 


BRACCIANO. 


Bracciano  è  il  più  grande  dei  quattro  paesi  che  si  specchiano  nelle  acque  del 
lago  ;  ma  io  credo  che  raramente  si  trovi  un  forestiero  che  si  occupi  di  visitarlo. 
L'enorme  maniero  degli  Orsini,  che  il  Gregorovius  chiama  nei  Wanderjahre  in  Italien 
«  cronaca  granitica  dei  terribili  tempi  feudali  »,  occupa  tanto  la  visione  materiale  e 
morale  del  passeggero,  che  il  paese  sembra,  dopo  una  visita  al  castello,  un  povero 
mizcchietto  di  case  senza  alcuna  importanza. 

1.  I  pezzi  di  aes  rude,  circa  m.  20000,  rappresentano  il  più.  cospicuo  trovamento  del  nostro  secolo.  Come  parte  della 
stipe  era  una  bella  serie  di  vasi  d'argento,  tra  i  quali  insigni  quattro  bicchieri  contenenti  il  catalogo  di  tutte  le  stazioni 
di  posta  tra  Cadice  e  Roma.  La  stipe  scoperta  nel  1852  passò  al  Museo  Kircheriano  di  Roma. 


BRACCIANO  —   l'\NoR\M  \. 


BRACCIANO  —    CASTELLO  ORSINI  —  LA  TORRE  DELLA  TORTURA.         (Fot.  I.  1.  d'Arti  Granché 


sa 


ITALIA  ARTISTICA 


Puro  non  è  così:  Bracciano  è  uno  dei  pochi  paesi  della  provincia  di  Roma  che 
offra  l'aspetto  di  un  certo  benessere  materiale  ed  anche  una  certa  attività  di  com- 
mercio. Vi  sono  due  ferriere,  molte  botteghe,  buone  e  grandi  trattorie,  caffo',  ed  il 
giorno  in  cui  io  vi  giunsi  c'era  una  fiera  di  bestiame  che  trasformava  una  delle  sue 
piazze  erbose  in  una  vasta  marea  nitrente,  mugghiante,  ragliante  e  urlante. 


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BRACCIANO  —  CASTELLO  ORSINI 


VEDUTA  DELLA   VIA    PRINCIPALE  DEL  PAESE. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Ma  il  castello  enorme,  pentagonale,  turrito  ai  lati,  scuro,  largo,  immenso,  gittava 
la  sua  ombra  su  tutto,  uomini  e  cose,  ed  anch'io  abbandonai  fiera,  paese  e  comitiva, 
per  recarmi  subito  a  visitarlo.  Non  so  se  la  mia  opinione  sarà  divisa  da  qualcuno  che 
leggendomi  abbia  presente  il  celebre  Castel  del  Monte  che  Federigo  II  fece  innal- 
zare in  Puglia  ;  ma  appena  la  mia    cavalcatura,  sbucando    da    un  bcsco  di  scope,  si 


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88 


ITALIA  ARTÌSTICA 


avanzò  sui  monti  che  cingono  il  lago,  e 
la  grande  mole  del  castello  Orsini  si  pre- 
sentò ai  miei  occhi,  subito  la  mia  mente 
corse  al  castello  del  potente  e  fiero  ri- 
belle di  Gregorio  IX,  il  triste  accenditore 
di  roghi. 

Un  volume  varrebbe  appena  a  descri- 
vere minutamente  tutte  le  lotte,  le  guerre, 
le  selvaggie  e  strane  avventure  di  cui  que- 
sto castello  fu  scena  e  testimone  ;  noi  non 
diamo  qui  che  i  titoli  degli  avvenimenti. 

Gli  Orsini  vennero  in  possesso  del 
fondo  di  Bracciano  lentamente;  esso  ap- 
parteneva prima  alla  famiglia  dei  Prefetti 
di  Vico,  di  origine  probabilmente  ger- 
manica e  quella  in  cui  vedemmo  che  si 
era  mantenuto  sino  al  secolo  XII  una 
larva  dell'antica  dignità  senatoriale  ro- 
mana. Gli  Orsini  non  se  ne  resero  pa- 
droni che  verso  la  metà  del  XV  se  e.  ed 
abitarono  da  principio  nella  rocca  che  i 
Prefetti  di  Vico  avevano  già  innalzato 
nel  luogo  stesso  dove  ora  sorge  il  ca- 
stello, rocca  della  quale  anche  oggi  si 
vedono  gli  avanzi  incastrati  nel  castello 
medesimo. 

Questo  fu  cominciato  a  costruire  verso 
il  1470  da  Napoleone  Orsini,  uomo  che 
viene  descritto  dal  Sansovino  come  «  di 
«  sommo  splendore,  grato  ad  ogniuno  e: 
«  honorato  da  tutti.  Come  signore  di 
«  incomparabile  fortuna,  non  cedeva  pun- 
«  to  alle  gTandezze  et  alle  magnificenze 
«  dei  principi  segnalati  pei  suoi  tempi 
«  conciossia  che  con  sontuoso  apparato 
«  di  edificii  in  Roma  et  in  Bracciano 
«  et  di  giardini  et  di  altri  ornamenti,  de' 
«  quali  sommamenti  si  dilettava,  prece- 
«  deva  tutti  gli  altri  baroni  della  nobiltà 
«   romana   ». 

Ma  lo  splendido  signore  non  vide  la 
fine  del  suo.  superbo  maniero,  che  fu 
condotto  a  termine  dal  figlio  Gentile 
Virginio  Orsini,  il  quale  superò  forse  in 
ricchezza  e  fasto  anche  la  fama  del  padre. 


Il  RI  l'I  \   MI  klhli  »NAI  l 


Quandi  »  gli  fu  o  >nf<  rit<  i  il  supn  mo  «  ornando  delle  mil  z 
;  ;   ti       \  il '.' ini* i  (  'r.sini  dette  una  festa  in  I lra<  ciano  d<  Il 
per   più  di    una    generazione  e   chi      i     e   facendo   am  qualch< 

paese   HDD   se    n»'  senta,   per  tradizione,  parlare  ancorai 


BRACCIANO  —   CASTELLO  —   PARTICOLARE  DELL'AFFRESCO  DI   ANTONIAZZO  ROMANO. 

(Fot.  I.  I.  d'Arci  Grafiche i 


Il  diarista  Stefano  Infessura,  nel  suo  latino  molto  maccheronico,  ne  parla  così  : 
«  Eadem  die  vigesima  septima  octobri  1489  Virgineus  Orsini  coepit  sceptrum  ut 
capitaneus  regis  Ferdinandi  et  die  sequenti  fecit  monstram  omnium  suorum  comili- 
tonum,  dictumque  fuit  fuisse  quatordecim  squatras  ita  pulchras  et  divites  et  ornatas 
sicut    unquam    alibi    visae   fuerunt,    cum   vestibus,  auratis,   argentatis,    et   cum  paliiis, 


9o 


ITALIA  ARTISTICA 


posuitque  edictum  ut  quicumque  iret  ad  videndum  gratis  in  hospitio  recipen  tur  ; 
iveruntque  multi  et  quodam  modo  infiniti  ;  qui  non  nisi  gallina?  et  alia  similia  cc- 
mederunt    ». 

Bisogna  dire  che,   quando  ci  si  mettevano,  le  cose  —  tanto  in  bene  che  in  male  — 
le  sapevano  fare  ! 


BHACCIAKO  —  CASTELLO  —  LOGGIA  NEL  CORTILE. 


(Fot.  I.  I.   d'Ar.i  Grafiche). 


Allorché  Carlo  Vili  scese  in  Italia  fu  ospitato  qui,  in  castello  di  Bracciano,  nel 
dicembre  del  1494;  ma  oramai  era  al  pontificato  Alessandro  VI  Borgia  e  nessun  che- 
fosse  ricco  e  potente  era  più  sicuro. 

L'Orsini  fu  scomunicato  ;  le  sue  terre  e  gli  altri  suoi  castelli,  come  Trevignano, 
presi  e  saccheggiati;  sì  che  la  guerra  si  ridusse  tutta  attorno  a  questo  castello  dove  egli- 
si    rinchiuse. 


BRACCIANO  —  LA  CUCINA  DEL  CASTELLO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Gt  il 


BRACCIANO  —  CORTILE  DEL  CASTELLO. 


(Fot.   I.  I.  d'Arti  Granché'. 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SALA  DEL  TRITTICO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —    SALA  DELL'IMPRESA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SALA  DI  RICEVIMENTO.  (Fot.  I.  I.  d'Arti  firr 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SALA  ROSSA. 


(Fot.  I.  I.   d'Arti  Grafiche). 


1: 


94 


ITALIA  ARTISTICA 


In  un  assalto  disperato,  dato  dai  borgiani,  perirono  duecento  persone,  ma  il  castella 
resistette.  Era  un  osso  duro.  Non  lo  presero  allora,  né  mai  ;  e  i  Borgia  passarono  ; 
come  passa  la  tempesta,  la  guerra,  la  peste. 

Nel  1560  Paolo  Giordano  Orsini  sposò  quella  Isabella  de'  Medici  che  doveva  poi 
morire  strangolata  da  lui  nel  castello  di  Cerreto  in  Toscana.  Qui  in  questo  castello 
di  Bracciano  ci  sono  due  ritratti  di  Isabella  Orsini  e  guardandoli  non  nii  poteva  uscir 
dalla  mente  V  immagine  della  stanza  che  nel  castello  di  Cerreto  accennano  come 
quella  della  morte  di  lei.  Dicono  che  attorno  al  cuscino  avessero  posto   un   laccio  di 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SALA  DELL'IMPRESA  —  AFFRESCO  DEGLI  ZUCCARI. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


seta  il  cui  capo  venne  tirato,  per  un  foro  praticato  nel  soffitto  —  che  ancora  mostrano- 
—  al  momento  opportuno.  Sarà  vero  ?  In  fatto  di  delitti  quei  tempi  danno  dei  punti 
all'  imaginazione. 

Gli  affreschi  di  Taddeo  e  Federigo  Zuccari  che  ancora  si  ammirano  in  questo  ca- 
stello furono  in  gran  parte  fatti  in  onore  della  bella,  giovine,  e  —  pare  —  infedele 
sposa  di  Paolo  Giordano. 

Quando  nel  1584  venne,  ospite  a  Bracciano,  Marcantonio  Colonna,  il  vincitore  glo- 
rioso di  Lepanto,  l'Orsini  trattenne  a  lungo  nel  suo  castello  lui  e  400  uomini  della  sua 
corte.  L'enorme  cucina,  che  si  ammira  appena  si  entra  dalla  porta  di  servizio,  si 
spiega  così  e  facilmente  ! 


BRACCIANO  —  CASTELLO         SALA  DELL'IMPRESA  —  AFFRESCO  DEGÙ  ZUCCARI. 

(Fot.  E.  I.  d'Arti  Grafiche). 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SALA  DELL'IMPRESA  —  AFFRESCO  DEGLI  ZUCCARI. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SOFFITTO  DELLA  SALA  NUZIALE  (ZUCCARI) 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche).. 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  SOFFITTO  DELLA  SECONDA  SALA.  (Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


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BRACCIANO  —  CASTELLO  -  PORTACATINO  IN   FERRO   BATTUTO. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Gràfiche). 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  DBACIERE  IN  FERRO  BATTUTO. 

•    (Fot.  I.  I.  d"Arti  Grafiche.» 


13 


I  02 


ITALIA  ARTISTICA 


BRACCIANO  —  CASTELLO  —  DUE  CASSONI. 


{Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


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BRACCIANO  —CASTELLO  —  INGINOCCHIATOIO  IN  LEGNO. 
(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Ma  un  tale  splendore,  continuato  per 
delle  generazioni,  è  esiziale  per  l' asse  di 
qualsiasi  patrimonio  e  sostanza. 

La  fortuna  degli  Orsini  cominciò  rapi- 
damente a  decadere. 

Quando  la  loro  forza  e  ricchezza  preci- 
pitarono, Don  Livio  Odescalchi,  nipote  di 
papa  Innocenzo  XI,  acquistò  nel  1696  il 
feudo  e  il  castello.  Xel  1803  lo  comperò  il 
nabab  di  Roma  a  quel  tempo  :  il  Torlonia.  Ma 
gli  Odescalchi  si  riserbarono  nel  contratto 
il  tus  redimendo  il  diritto  di  ricompera  ;  e  lo 
ricomprarono  infatti  nel  1 848  ed  ora  esso  ap- 
partiene a  Don  Baldassarre  Odescalchi,  duca 
di  Bracciano. 

Internamente  il  Castello  non  mantiene  le 
promesse  della  sua  enorme  mole.  Manca  ad 
esso  quello  che  forma  la  più  acuta  suggesti- 
vità   di    un     antico    maniero  :    i    mobili    del 


I   I  l'i  RIA   MERIDU  l 

temp< >.  I  «li  antichi  mobili  degli  (  orsini  im •  >n< i   ■  i  nduti,  • 

quelli  dei  primi  l  >de  «  al  hi  ;  tali  hi    adi  sso  il  <  astello  i  i  di   mobili  « 

nostante  la  li >n i  Brandii i  lità  •      sanno  «li  rai 

e, .mi-  un. »  (li  n<  »i  si  i n  a  i irei >be  in  un1  adunanz  >  «  i  >mp 

§ero  Vico,   Anguillara,  SavelH,  Vitelleschi,   Orsini,   Borgia. 


CAPRANICA  DI  STJTRI. 


Così    è   chiamata,  per   distinguerla  dall'altra  presso  Palestrina; 
di  molti  altri  paesi  della  provincia  romana  —  Capranica,  situata  com  olle 

falde  ilei    gruppo  dei  Cimini,  gode  dì    un  clima  sano  e  fresco.   Ha  poi  acqu  dule 

ferruginose  stupende,  un  latte  «li  capra  del  quale  non  rie, ni.,  il  più  legger» 
vole  ed  un  monumento  del  quale  non  ricordo  il  più  strano. 

Io  passeggiavo  per  la  chiesa  di  San  Francesco,  in  cui  sono  pure  alcune  pitture 
assai  buone,  quando  il  mio  cicerone,  una  ili  quelle  persone  nelle  quali  sembra  ancor 
vivere  tutta  la  naturale  gentilezza  ospitaliera  del  sangue  latino,  mi  fece  passare  dietro 


CAl'KANICA  —  PANORAMA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


104 


ITALIA   ARTISTICA 


T  aitar  maggiore  e  il  grande  monumento  marmoreo  dei  conti  fratelli  Anguillara  si 
drizzò,  vicino,  massiccio,  improvviso,  dinanzi  ai  miei  occhi. 

Non  potei  trattenere  un  moto  di  meraviglia. 

In  vita  mia  io  non  avevo  mai  veduto  un  così  strano  monumento;  infantile,  po- 
tente, rozzo  e  raffinato  ad  un  tempo. 

I  due  guerrieri  giacciono  l'uno  a  lato  dell'altro,  vestiti  delle  loro  armature,  con 
la  spada  tra  le  mani  coperte  delle  monopole  scagliose  e  ferree  ;  le  giovini  e  forti 
teste  poggiate  agli  elmi  riversi  che  fanno  da  cuscini. 


CAPRANICA  —  LE  GROTTE. 


(Fot.   I.  I.  d"Arti  Grafiche). 


Bizzarria  od  ingenuità  di  tecnica  che  sia,  lo  scultore  avendo  posto  il  monumento 
nel  senso  orizzontale  della  parete  e  volendo  far  vedere  allo  spettatore  entrambi  i 
guerrieri  nel  medesimo  tempo,  si  è  trovato  nella  necessità  di  dare  una  forte  inclina- 
zione al  piano  superiore  del  monumento  su  cui  sono  posti  i  guerrieri,  altrimenti  lo 
spettatore  non  avrebbe,  da  terra,  potuto  vedere  che  il  primo  di  essi. 

Da  questa  stranezza  di  posa,  da  questa  irrealità  di  posizione  (due  corpi  non  po- 
trebbero stare,  nemmeno  morti,  su  di  un  piano  così  inclinato  senza  ruzzolare)  ne  deriva 
come  un  inaspettato  senso  di  vita.  Si  direbbe  che  quella  immobilità  dei  due  fieri  fra- 
telli non  fosse  che  una  delle  loro  finzioni  di  guerra  e  che  essi  dovessero  ad  un  tratto • 
levarsi    nel    loro  completo  assetto  di    battaglia,   terribili  ed  aspri  come   giovani  leoni.. 


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ITALIA  ARTISTICA 


CAPRANICA 


VIA  DI  SOTTO  LE  Ml'KA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Una  iscrizione  in  caratteri  gotici,  che  io  ricopio  qui  nella  sua  esatta  e  curiosa 
forma,  dice: 

Olivi  quco  genuit  simili  de  semine  water 
Corpora  Francisci  petra  liaec  clauditque  Nicola. 
Clarus  iiterque  cirmis  et  uterque  angui llifer  heros. 
quorum  animi  sacro  inuguntur  in  cthere  ncxu. 
Terrea  sidereo  spernentes  diviata  celo. 

oòiit  autem  viiles  egregia^  covies  franciscus  anno  domini  1406  die  XII  mensis 
Augusti. 

et  inclitns  miles  covies  Nicolaus  anno  domini  1408  die  XXVI  mensis  tulli. 

Questi  due  giovani  guerrieri  morivano  dunque  a  poca  distanza  l'uno  dall'altro  in 
quell'inizio  del  XV  sec.  che  fu  una  delle  epoche  più  tempestose  che  la  navicella  di 
S.  Pietro  e  lo  stato  ecclesiastico  attraversassero  mai. 

A  tale  era  ridotta  la  Chiesa  in  quel  tempo  che  Gregorio  XII  per  sostenere  le 
richieste  sempre  incalzanti  di  Paolo  Orsini,  il  suo  braccio  destro  e  temporale,  era  co- 
stretto ad  impegnare  a  banchieri  fiorentini  la  mitra  e  vendere  una  parte  della  Biblio- 
teca ;  lo  scisma  tra  Benedetto  XIII  e  Gregorio  XII  dilaniava  il  mondo;  all'elezione  di 
Alessandro  V  la  Chiesa  ebbe  tre  papi  e  Nicola  di  Clemange,  il  segretario  della  corte 
Avignonese,  poteva  con  ogni  ragione  scrivere  il  suo  libro   «  De  mina  Ecclesiae  ». 


I    I  l'I   Kl.\    MI'  KII)M  INAI  I 


Ma  chi,  più  pari  io  riarmi  mte,  furono  questi  dui 
dello  strano  monumento 

Nicol, i  e  Francesco  melli,  come  dice  l'iscrizione  no  nel   i°  dei 

del    secolo    \\    ì  soli  che  portassero  il  nome  di  (  onti  di 

noi  sappiamo  ben  poco  nonostante  un  accurato  studio  fatto  da  ui  ,  la 

signorina  Vittorina  Sora  *,  Quello  di  cui  ad  ogni  modo  sappiamo  qualchi    c< 
è  <li   Francesco. 

E'  un  semplice  aneddoto,  ma  servi    a  sollevare  un  poi 
il  tempo    ha    tessuto    sopra    queste    figure,  <•  ser  i        pratutto  «ne 

questi  guerrieri  vestiti  di  ferro,  <•  che  la  nostra  imm;  nili    circond 

tanta  poesia,  fossero  purtroppo  uomini  coinè  tutti  gli  altri  e  come  n 
necessità  e  degli  Interessi  mati  ri. ili  della   vita  ! 

Nell'Archi vio  Vaticano    Ardi.  Vat  arni.   XXXIV,  cocL  I.  (  .  XII.  A 
codice  dal  quale  si  rileva  che  Francesco  Anguillara  ebbe  una  lunga  di* 
dislao,  re  di  Napoli,  Pare  che  essendo  Francesco  al  campo  de1  Fiorentini  -   di     D 
di   Milano  avesse  sotto  i  suoi  ordini  Gurello  Garafa,  marescalco  del  reame  di    - 
e  un  tal  Nbfrio  l'esce.   E  pare  anche  che  questi  due  passassero  ad  un  tratto  a]  i 
nemico  portandosi    via  la  somma  di  seimila    fiorini    d'oro.    Per    quei    tempi,  era  una 

i.    VuioKixA  Sora,    /  Conti  di  Attguillara,  dalle  loro  origini  al  Mi  (  i  CLXV.  Roma,    Società    Romana  'li  Stori* 
Patria. 


CAPRAMCA  —  PORTA  DEL  CASTELLO  ANGUILLARA. 


t^Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


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[TALIA   ARTISTICA 


bella  cifra.  Francesco  Anguillara  ne  fu  indignatissimo  e,  di  qui,  da  Capranica,  scrisse 
il  5  decembre  del  1397  una  lettera  a  re  Ladislao  di  Napoli,  del  quale  i  due  ladri  e 
traditori  e'ran  sudditi,  perchè  il  re  obbligasse  i  due  a  rendere  il  mal  tolto. 

Re  Ladislao  rispose  invitando  alla  concordia,  ma  l'ira  e  la  rabbia  di    Francesco 


CAPRANICA  —  CHIESA  DI   S.  FRANCESCO  —   PARTE  CENTRALE  DEL  MONUMENTO    AI   CONTI  ANGUILLARA. 


Anguillara  dovettero  invece  divampare  quando  seppe  che  il  marescalco  Gurello  Ga- 
rafa  negava  di  essere  mai  stato  sotto  i  suoi  ordini  e  lo  sfidava  a  comparire  in 
contradditorio  dinanzi  a  re  Ladislao,  nel  gennaio  successivo  del   1398. 

Il  conte  Francesco  ricusò  di  aderire.  Il  termine,  se  mai,  doveva  esser  fissato  da 
lui  e  non    dall'  accusato  !  E  rispondeva  al  re  dicendo,  con  un'  ira  che  trapela    anche 


•9 


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I  IO 


ITALIA  ARTISTICA 


attraverso  Y  incertezza  della  frase   italiana  :   «  Come  io  prima  te  scripse  te  Jaccio  certo- 
che  ne  intendo  de  vedere  ta  fine  per  onine  modo  che  a  tal  facto  se  convenga  ». 

Come  finì  la  questione  ?  Xon  lo  sappiamo,  e  forse  non  lo  sapremo  mai,  come 
niente  sappiamo  dell'altro  fratello  gemello,  Nicola.  Nati  insieme,  quasi  insieme  mo- 
rirono, insieme  furono  sepolti  e  ad  entrambi  fu  eretto  questo  monumento,  da  un 
rude,  arcaizzante  scultore.  Del  quale,  se  pure  noi  non  possiamo  stabilire  con  certezza 


CAPRANICA  —  CHIESA  DI  S.  FRANCESCO  —   S-  ANTONIO  (AFFRESCO). 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


il  nome,  possiamo  però  emettere  un1  ipotesi  che  soddisfi  assai  da  vicino  la  nostra 
curiosità. 

Ogni  amatore  di  storia  patria  sa  che  un  triste  silenzio  di  arte  si  era  venuto  fa- 
cendo a  Roma,  nel  1300.  Roma,  abbandonata  dalla  corte  papale  che  le  preferì  la 
piccola  città  di  Madonna  Laura,  era  dilaniata  dalle  lotte  dei  suoi  baroni,  dai  tumulti 
delle  fazioni,  ed  il  fiore  dell'arte  languiva. 

All'  inizio  del  '400,  tra  gli  scultori  che  in  Roma  producevano,  si  affaccia  mastro- 


I  l<  1  URI  \    MIKIhl'  l     ALI 


i  i  1 


Paolo  Romano,  «•  noi   troviamo,    segnati  del  suo  nome,  dm  chi     hanno 

una  strana  rassomiglianza  di  Fattura  con  qu<    to  dei  fratelli  Anguilla! 

s il  monumento  a   Bartolomeo  l  arafa    nella  chi<   a  di  <i<  l  Pi 

rat< »,  e  <|u«-ll<>  del  cardinali  melli  in  Santa  Maria  di    \  ■ 


CAPRANICA   —  CHIESA   DELLA  MADONNA  DEL  DIANO. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Tutti  questi  monumenti  hanno  una  certa  aria  di  famiglia:  la  medesima  disposi- 
•zione  degli  stemmi  ;  V  iscrizione  chiusa  tra  le  tortili  colonnette,  e  più  ancora  una 
grande  somiglianza  nel  fare  pesante  e  grossolano,  ma  non  privo  di   grandiosità. 

Il  Venturi,  nella  sua  splendida  storia  della  Scultura  del  Quattrocento,  attribuisce 
questo  monumento  dei  fratelli  Anguillara  a  Paolo  Romano  ed  io  non  credo  che  sa- 
rebbe facile  trovar  buone  ragioni  per  invalidare  l'opinione  del  Maestro. 


;  12 


ITALIA    ARTISTICA 


Uscendo  dalla  chiesa,  a  pochi  passi  di  li,  sulla  piazza,  io  mi  fermai  dinanzi  alla 
porta  dell'ospedale  ed  un'altra  opera  d'arte  di  alta  importanza  attirava  subito  il 
mio  sguardo. 

Meravigliosa  terra  è  davvero  questa  Italia  ed  io  che  commisi,  come  tanti  del  mio 
tempo,  l'errore  di  viaggiare  per  gli  altri  paesi  d'Europa  prima  che    per  il    mio,  ora 


CAl'RANICA  —  CHIESA  DI  S-  MARIA  —  TABERNACOLO. 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


che  all'errore  ho  cominciato  a  rimediare  sento  di  giorno  in  giorno  crescere  la  mia. 
ammirazione  per  questa  patria  che  dalle  cime  gelide  delle  Alpi  sino  all'  estreme  ed 
infuocate  punte  della  Calabria  e  della  Sicilia  sembra  vivere  tutta  in  un'atmosfera  vi- 
brante di  miracoli  d'arte. 

La  lunetta  dell'  arco  dell'  ospedale  a  Capranica  è  uno  di  questi  miracoli.  E'  un 
bassorilievo  in  marmo  rappresentante  un  tralcio  di  vite  tra  le  cui  volute  sono  scol- 
pite con  un  lavoro  primitivo,  geniale  e  grottesco  ad  un  tempo  le  più  strane  e  più 
fantastiche  figure  che  la  bizzarra  immaginazione  di  un  artista  possa  inventare. 


CAPRANICA  —  CHIESA  DELLA   MADONNA  DEL  PIANO         NASCITA   DELI  \   MADONNA  (ZUCCARI). 

I.   I      .    '. 


CAPRANICA  —  CHIESA  DELLA  MADONNA   DKL    PIANO  —  MORTE  DELLA  MADONNA  (ZL'CCARI). 

(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


H4 


ITALIA  ARTISTICA 


Sono  Lamie  dal  seno  nudo  e  nudo  il  corpo  e  l'orribile  volto  dal  becco  di  uccello, 
becco  munito  di  acuminati  denti,  e  il  capo  non  piumato  ma  stranamente  capelluto  : 
sono  uomini,  nani  e  deformi,  dal  capo  bovino  e  il  muso  di  zannuto  cinghiale;  uccelli 
enormi  come  uomini,  che  hanno  il  capo  di  uomo,  e  questo  capo  porta  una  mitra  da 
cui  escono  il  tralcio  di  vite  e  dei  fiori  ;  sono  cavalli  figurati  di  profilo  la  cui  testa 
di  leone,  baffuto  come  un  uomo,  è  poi  volta  di  prospetto;  asini  e  grappoli  d'uva;  e 
donne  in  attitudine  calma  e  mesta  ;  e  tutto  è  un  caos  quale  mai  mi  era  stato  dato 
vedere  di  simile. 


CAPRANICA  —  CHIESA  DELLE  GRAZIE. 


(Fot.  I.  I.  d*Arti  Grafiche;. 


E  tutto  ciò,  questo  mondo  terrestre  ed  ultraterraneo  —  fantastico  e  pauroso  — . 
è  chiuso  nel  breve  spazio  di  una  mezza  lunetta  di  un  metro  e  venticinque  di 
diametro,  circa. 

Mai  il  Medio-Evo  con  il  suo  rimbarbarimento  di  tecnica,  con  la  sua  immagi- 
nazione fosca  ed  eccitata  fu  rappresentato  meglio  che  nell'opera  di  questo  ignoto 
scultore. 

Ma  fermiamoci  un  momento  ad  indagare  un  poco  lo  spirito  e  l'epoca  di  questa 
rappresentazione,  di  questo  fregio. 

A  quale  epoca  ed  a  quale  soggetto  lo  riporteremo  noi  dunque  ?  Ecco  :  —  giudi- 
cando dalle  rappresentazioni  bestiarie  di  questa  decorazione  ed  in  modo  speciale  delle 
Lamie  —  i  maligni  spiriti  notturni  cui  si  attribuiva  il  maleficio  di  suggere  il  sangue 


I    I  RI   RIA    MI  RH  'I'  i     Al  I 


dei  fanciulli         rappri   i  n\  12  ■  ni  1  h<  .  m  Ila  foi  ma  1 

chiostro  di  SantN  >rso    id    Vosta    n<  l  kabei  na<  "l"  della    •  l 

sauria,  nel  chiostro  di   Monreale,  in  un  : 

drale  .1   l 'esai  0  (uccelli  p<  unni  i  .1  t<  sta  umana    e   b 

dotti  ad  attribuire  la  d<  c< >razi< »ne  «li  qui  sta  lun<  I  •  I 

<  )\  e  però  si  •  >ss<  r\  i  che  le  i  •  »no    arr<  >tate  m 

ih  ii, ii«-,  allora   l'opera  si  potrebbe  riferire  anche  al  principio  del   XIII 


CAIMUXICA  —  CASA   MOXTEXERO. 


^Fot.  r.  r.   d'Arti    Grafiche). 


Il  concetto  poi  della  decorazione  stessa  è  un  concetto  spesso  ripetuto  nell'  età 
romanica. 

I  vizi,  i  demoni,  si  aggirano  davanti  alla  cattedrale  o  alla  chiesa  per  impedire 
al  peccatore  il  lavacro,  per  difendere  —  con  i  serpi,  i  leoni,  le  belve  —  la  preda 
dell'  Inferno,  per  iscatenarsi  contro  gli  esseri  che  tendano  alla  purificazione  dell'anima. 

Riassumendo  diremo  che  la  lunetta  del  Nosocomio  di  Capranica  è  una  rappre- 
sentazione demoniaca,  di  stile  romanico,  della  fine  del  XII  secolo. 

Di  là  io  mi  recai  alla  Madonna  del  Piano,  chiesa  appartenente  a  dei  preti  irlan- 
desi, per  vedervi  certi  affreschi  che  la  mia  cortese  guida  mi  indicò  come  affreschi 
dello  Zuccari. 

Se    questi    affreschi    non    sono,   come  ho  visto  accennato  in  qualche  guida,   dello- 


1 1< 


ITALIA    ARTISTICA 


Zuccari,   essi  sono  certamente  della  sua  scuola;  ed  uno,  quello  rappresentante  la   na- 
scita di   Maria  Vergine,   è  splendido  di   soavità   di   colorito  e  bontà  di   disegno. 

Che  gioia  si    prova  riposando  l'occhio  su  questa  felice  facilità  di  tecnica,  su  questa 
armonia  di  colore  e  di  segno,   su  questa  serena  maestria  dell'arte,  dopo  aver  occupato 


CAPIUNICA  —  PORTA  DEL  NOSOCOMIO. 


(Fot.  I.  I.   d'Arti  Grafiche). 


a  lungo  l'occhio  sulle  potenti,  ma  triste  e  rozze,  produzioni  del  selvaggio  Medio-Evo. 
E'  come  un  grande  sospiro  di  sollievo  che  vi  sfugge  dal  petto  ! 

Ma  il  tempo  stringeva,  e  Sutri  —  che  era  la  meta  ultima  ma  più  importante 
del  mio  breve  viaggio  —  era  ancora  da  vedere. 

Io  non  volli  però  partire  da  Capranica  senza  recarmi  alla  casa  che  dicono  abitasse 
Francesco  Petrarca  quando  fu  qui  ospite  d'Orso  Anguillara. 


I-  l  l't  kl  \   mi  l<]])K  >N  '.  I  I 


I  ! 


(  in. mi, imi'  »  quell  i  tta,  chi    puri    dovei 

migli»  -ri  del  paese,  è  !mp<  ■  sib  li   i  he  la  mi  nte  n<  >n  A 

Evo  -  [uà  nd<  i  R<  »ma  era  al  sbandi  mata  dai  papi  pi  r  la  sedi    < 
straziata  dalle  l< itte  «li  quelle  famig li<    pi  m  pi   <  he  di 
siili,  degli   A nguillara,  che  furono  l'ori  i  i    l'infamia  del  loi 

l  ,i  residi  n  :a  del  I  'etran  a  .1   (  !apranii  a,  pr<  sso  (  »r  0  dell'Ai 
st<  >rica.   Il   i  '«I  rarca  era  pi  1  .seduti  »  dal  de  idi  rii  >  di  veder  F  I  ì 


CAPRAXICA  —  ARCHITRAVE  DEL  NOSOCOMIO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


suoi  sogni  ed  egli  aveva    già  da  Avignone,  il  21   dicembre    1334,  scritta    una    lettera 
a  Iacopo  di    Lombes  dicendo: 

«  E'  appena  credibile  quant'  io  mi  strugga  di  vedere  quella  città  quantunque  ab- 
«  bandonata  sia  e  ridotta  non  altro  che  l'ombra  dell'antica  Roma.  Panni  sentire  ciò 
«  che  Seneca  sentiva,  allorché  scriveva  a  Lucilio  dalla  Villa  di  Scipione  l'Africano,  e 
«  reputava  ventura  grandissima  la  sua  di  aver  veduto  il  luogo  dove  quel  celebre  uomo 
«  visse  in  esilio  e  lasciò  le  ceneri  negate  alla  patria.  Se  così  sentì  uno  Spagnuolo,  che 
«  non  credi  che  senta  io,  italiano  ?  Ne  per  me  si  tratta  della  villa  di  Linterno,  ma 
«  della  città  di  Roma,  cui  nessun'altra  fu  ne  sarà  mai  pari  ». 


15 


1 1 8 


ITALIA  ARTISTICA 


Il  suo  lungo  desiderio  fu  soddisfatto  ed  egli,  scortato  dal  conte  Orso  di  Anguil- 
la™ —  erano  i  tempi  in  cui  il  contadino  arava  portando  con  sé  la  lancia  e  la  spada 
e  i  pastori  pascevano  le  pecore  solo  in  parecchi  ed  armati  sino  ai  denti  —  entrò  fi- 
nalmente   il    14  gennaio    1337  nella    minata    città    partita.  Ma  quella    città  aveva    un 


CAPRANICA  —  CASA    DOVE  ALLOGGIO  IL  PETRARCA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


nome  che  pronunziato  suonava  come  se  fosse  stato  squillato  all'unisono  da  tutte  le 
trombe  d'argento  della  fama  ....  quella  città  si  chiamava  Roma,  e  in  quella  Roma, 
lui  —  Francesco  Petrarca  —  con  su  le  spalle  il  manto  regale  donatogli  da  Roberto 
di  Napoli,  tra  dodici  paggi  vestiti  di  scarlatto,  tra  il  plauso  unanime  del  senato,  del 
clero,  della  nobiltà,  del  popolo,  il  giorno  di  Pasqua  del   1341,  doveva  essere  coronato 


I  l'i   RIA    MI  KIM<  i     \l  I 


i 


in  (  lampidi  »glio  dalle  mani  i  ti     i    del  sui  i  i  «  pite  di   ( 
guillara,    E    f<  >r  le    ci  >n  i  >cchi    lucidi  «li    pianti  ».  i 
ammirati  i   «li    tutti,  un    gii  »\  inet  t<  »  che  si  chiam        i 
del  poeta  <l->\ i  \ a  <  pi  r  rarità  di  i  a  più  I  i 

il  suo  incoronamento  il   Petrarca  continuò  .1   viver  lieto  am 
salptna  solUudo  tucun dissima,  ma  quanti  Portuno 

chi  avrebbe  mai  detto  .1   quell'ignoto    figlio    di    un    tavemii 


PONTE  SULLA  VIA  DI  SITUI. 


(Fot.   I.   I.    d'Arti  Ora- 


giorno  anch'egli  sarebbe  stato  incoronato  in  Campidoglio,  con  sei  diademi,  alla  pre- 
senza dei  legati  delle  repubbliche  italiane,  di  tutto  il  clero  e  il  popolo  di  Roma  ? 
Ma  la  Rupe  Tarpea  era  vicina,  e  Cola  fuggito  nella  solitudine  biennale  della  fredda 
e  boscosa  Maiella  si  rifugiò  poi  a  Praga,  in  terre  così  remote  a  quel  tempo,  e  poi 
di  là  fu  spedito  prigioniero  ad  Avignone  dove  l'anima  gentile  del  poeta  si  commosse 
dinanzi  a  tanta  vicenda  di  casi  ed  il  Petrarca  fu  il  solo,  o  certo  tra  i  pochi,  che  le- 
vasse la  voce  e  adoperasse  la  penna  in  difesa  di  Cola  di  Rienzi.  (Populo  romano. 
Sine  titulo.  Ep.). 

Così,  con  questa  visione  di  serena  umanistica,   io  salutai  Capranica. 


l    !<  i 


ITALIA  ARTISTICA 


SUTKI  —  PANORAMA. 


(Fot.  I.  I.   d'Arti  Grafiche). 


SUTRI. 


Da  Capranica  a  Sutri  il  cammino  è  facile  e  breve  ;  più  facile  ancora  quando  si 
fa,  come  me,  sdraiati  su  di  un  piccolo,  vecchio,  sgangherato,  ma  comodo  calesse,  gui- 
dato da  un  modesto  automedonte  cui  forse  la  lingua  caina  dei  colleghi  o  il  malumore 
di  qualche  frettoloso  cliente  mise  il  nomignolo  automobilistico,  ma  ironico,  di  Benzina. 

Ad  ogni  modo,  fosse  la  bellezza  della  campagna  che  qui  sembra  cominciare  a 
sollevarsi  dal  vasto  letargo  in  cui  giace  neh"  agro  romano,  fossero  le  imagini  e  le 
memorie  di  questo  vecchio  territorio  che  mi  accompagnavano  come  un  ronzio  d'  in- 
setti, io  arrivai  a  Sutri  tanto  presto  che  la  mia  gita  mi  parve  coonestare  l'espressione 
latina  «  ire  Sutrium  ». 

I  latini  dicevano  «  ire  Sutrium  »  per  indicare  la  facilità  di  un'impresa  ed  allude- 
vano con  ciò  al  fatto  che  Sutri,  divenuta  amica  dei  Remani,  era  stata  un  giorno 
assalita  e  presa  dai  suoi  antichi  conterranei,  gli  Etruschi.  I  prigionieri,  in  lunga  e  triste 
teoria,  venivano  portati  in  ischiavitù  quando  Furio  Camillo  li  incontrò.  Memore  del- 
l'amicizia che  Sutri  aveva  sempre  avuto  a  Roma,  liberò  i  prigionieri,  dette  l'assalto 
alla  città,  l'occupò,  le  restituì  prigionieri  e  libertà. 

Così  Sutri  in  un  giorno  fu  presa  due  volte,  e  così  venne  il  proverbio  z>£  Sutrium... 


I    I  !'  I    l'I    .    MI  RI]  >l<  I 

proverbio  che  ora  mi  ritornava  in  ment<    mentre    l  • 
««in  bicchieri  di  \  in<  >,  che  il  tacere  è  bello, 
facendo  schizzare  i  ppan    i  i 


Siiin  ni.  riti  r<  bbe  da  s<  la  un  lunj 
e  medi»  >e\  ale  che  la  pici  i  >la  ci1  à  i  hiud<    ni  Ila    breve  cei 
e  dii  ute,   tanta  è  la  p<  «  sia  che  le   \  i<  ne  dalli 

fende  medi»  levali,  dalla   mera^  iglia  del  olo  ma    ! 

coronati >  di  lecci  <•  di  querci,  Situata  s< »pra  uni 

•  entri   vulcanici  dei  Sabatini  e  Cimini,  isolata   dai  i  idi   Promonti   i    K 

essa  è  una  dille  pochissime  città  etnische  che  sembra  n<  n    aver 

ione  storici.  Ma  comi'  città  »  trusca  la  sua   sti  ria  comincia  per  n<  i  con  I 
cioè  con   la  conquista  romana.   Essa,  e  la   vicina  Nepi,  venivano 
l'inni. i  e  sopra  una  delle  sue  pi  rio  è  questa  ìscrizioi 

Sul  ri  K  in  J-Jr/iiùr  clausura  —  urbs  socia  rcmanù  - —  <<  Ionia  conjuncta  Julia;  < 
come  su  di  un'altra  si  legge:  A   Pelasgiis  Sutrium  conditur. 

Sarebbe  difficile  provare  la  verità  di  questa  seconda  iscrizione,  ma  i  §  itri  è 

di  un'alta  antichità  e  la  leggenda  che  fa  nascere  qui  Ponzio  Pilato,  lo  scettico    •  pr 
rator  Caesaris  »  di  cui  si  mostra  ancora  la  casa,  e  il  Conte  Orlando,  il  fant  Pa- 


Sl'TRI   —  PORTA  ROMANA. 


SUTRI  —  PORTA  VECCHIA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


SUTRI    —  CASA   DI   PILATO  E   DELLE   MAESTP.E   IX    PIAZZA   S-   FRANCESCO. 

(Fot.  I.   I.  d'Arti  Grafiche). 


T*V  V 


- 


a 


1  2.\ 


ITALIA   ARTISTICA 


ladino  di    cui    si    accenna    ancora    la    grotta  dove  venne  alla  luce,   servono  a  dare  a 
questa  piccola,  scura,  dimenticata  città,  uno  strano  sapore  di  leggenda  e  di  mistero. 

Senso  di  leggenda  e  mistero  che  una  visita  alla    città    aumenta   invece   di    dissi- 
pare. Mai  io  avevo  veduto  una  evocazione  più  completa  e  significante  del   patos  cri- 


SUTRI  —  PIAZZA  DELLA  ROCCA. 


(Fot.  I.  I.    d'Arti   Grafiche). 


stiano  come  entrando  in  queste  chiese  sotterranee  di  Sutri,  ora  sepolte  sotto  il  pavi- 
mento di  altre,  ora  albergate  nell'  adattamento  strano  e  tenebroso  di  antiche  tombe 
etnische. 

La  Cripta  di  S.  M.  Assunta  è  un  bell'esempio  del  genere  ;  sembra  in  essa  sia 
tutto  raccolto  lo  spirito  dell'antica  religione  cristiana;  triste  e  misterioso.  Le  colonne 
che  la  sorreggono  sono  scompagnate,  ma  tutte  di  stile  romanico. 


SITUI   —  PIAZZA   Vllliil'.Kt  EMANUELE. 


SITRI  —  RUDERI  DKLL'ANTICO  BORGO. 


(,Foc.  1. 1.  d'Arti  G 


16 


ITALIA  ARTISTICA 


Non  bisogna,  a  questo  proposito,  dimenticare  che  se  Sutri  fu  la  porta  dell'Etruria, 
la  porta  cioè  che  chiudeva  i  limiti  dell'antica  potenza  etnisca,  essa  fu  anche  la  porta 
dei  Longobardi,  e  la  storia  di  questa  piccola  città  si  riconnette  con  un  fatto  di  una 
grande  importanza:  con  la  prima  donazione  «li  dominio  temporale  che   un  re  fac< 


SUTKI  —  CAMPANILE  DEL  DUOMO  E  PORTA  VECCHIA. 


(Fot.  I.   I.   d*Arti  Grafiche). 


mai  alla  Chiesa;  la  donazione  cioè  di  Sutri  fatta  nel  727  da  Liutprando,  re  dei  Longo- 
bardi, a  papa  Gregorio  IL 

Da  questa  cripta  romanica  noi  risalimmo  nella  Cattedrale,  dove  più  ancora  del 
bel  mosaico  antico  che  ricopre  il  pavimento  mi  colpì  lo  strazio  fatto  a  delle  bellissime 
colonne  antiche  che  la  stupida    insipienza  di  qualche   imbianchino  improvvisatosi    ar- 


I-  I  l'i    RIA    M1-KII»I«  'Il 


chitetto  ha    rii  op<  rto  dell  <   p 

stato  dato    vedere.   E  quante  volte    m  •  d 

.un  he  in  que  t<  i  mi"  ultim  I 

dubitai  e  di  i  >gni  r<  sto  d  i<  nt<  i  »  nel  pop 

i    i  ,  Mil<>  di  li.  io  p  i.ii  .1  lungo  pi  r  Sutri,  ed  < 

antichi  edifizi,  «  om  enni  in  gran   parte  i  on  qu<  li"  che    I   I  >• 


SUTRI  —  VIA  DI   l-OKT.V  HORONI  E  TESTA  DI    MULO.  .   I.   I.    .  Iche). 


che  molte  delle  pietre  che  formano  anche  oggi  l'attuale  Sutri  debbono  essere  state 
tagliate  da  mani  etnische. 

Come  carattere  generale  odierno,  Sutri  offre  ben  poco  di  importante;  tutta  la  sua 
attrattiva  è  nel  passato. 

Essa  ha  il  solito  carattere  di  tutte  queste  decadute  città  dell' Etruria  meridionale 
che  si  sono  ritrovate  in  cenci  da  mendicanti  e,  come  brandelli,  loro  pendono  addosso  i 
resti   delle  loro  vesti    regali,    rappresentati  o  da  una  chiesa   dagli  affreschi  dovuti   ad 


ITALIA  ARTISTICA 


SI  THI   —   PALAZZO  COMUNALE  —  SFINGE. 

(Fot.   I.  I.  d'Arti  Grafiche) 


un  glorioso  pennello  del  rina- 
scimento, o  a  qualche  miracolo 
di  architettura,  od  a  qualche  o- 
pera  di  insigne  scalpello  o  a 
qualche  rivelazione  improvvisa  e 
grandiosa  del  mondo  antico. 

Ciò  nonostante  la  vita  a  Sutri 
è  ben  lungi  dall'essere  addormita 
come  in  alcune  città  che  io  vidi 
e  dove  il  passo  del  Abitatore 
risuona  nel  silenzio  suscitando  la 
curiosità  dei  pochi  abitanti  ;  Sutri 
è  relativamente  pulita,  ha  un'o- 
spedale, un  seminario,  una  lunga 
via,  che  la  divide  in  due  parti, 
assai  larga,  una  bella  piazza  con 
una  fontana  nuova  ed  anche  un 
mulino  elettrico! 


SUTRI 


MUNICIPIO 


SAIA   CAPITOLARE. 


(Fot.  I.  I.   d'Arti  Grafiche). 


sillil  —  OSPEDALE  E  melimi  ELI  I  usimi. 


(Fot.  1. 1.  d\A        <  ■ 


SITUI   —   MURA   E   PORTA   DELLE    PIAZZE. 


Fot.  I.I.  d'Arti  Grafiche». 


».V' 


ITALIA  ARTISTICA 


Ma  il  Sutri  di  oggi  non  occupa  clic  una  parte  dell'antico;  un'altra  era  occupata 
dalla  rupe  dove  adesso  è  la  splendida  villa  Savorelli  e  l'altra  ancora  si  stendevi),  du- 
rante  il    Medio-Evo,   nella  valle  dove  ancora  si  drizzano  pochi  e  poveri  ruderi. 

Fu   per  recarmi   alla  villa  Savorelli,  presso  la  quale  si  apre  l'anfiteatro  che  forma 


SUTRI 


CATTEDRALI-:  —  PITTURA  BIZANTINA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


la  più  grande  curiosità  archeologica  di  Sutri,  che  io  passai  per  la  porta  detta  «  Porta 
Vecchia  ».  Questa  presenta  tre  modi  di  costruzione  differenti  :  l'etrusco,  il  romano  e 
il  medioevale.  E'  sull'arco  medioevale  che  è  Tarme  di  Sutri;  Saturno  a  cavallo  che  reca 
in  mano  un  fascio  di  spighe.  Poiché  è  da  Saturno  che  i  Sutrini  fanno  derivare  il  nome 
della  loro  città,   nome  che  in  etrusco  fu,  secondo  l'opinione  più  comune,  Sutrinas,   o 


SUTR1         DUOMO. 


SITUI  —  DUOMO  —  LA  CRIPTA. 


^Fot.  I.  I.  d'Arti  Granché). 


132 


ITALIA  ARTISTICA 


Suthrina.  Delle  cinque  porte  che  Sutri  conserva  ancora,  solamente  tre  sono  cre- 
dute di  origine  primitiva,  e  se  così  è,  Sutri  avrebbe  allora  avuto  il  numero  preciso 
di  porte  che  il  rituale  etrusco  prescriveva  alla  città. 

Sceso,   e  traversata  la  piccola  valle,  prima  di  .^tlire    al    poggio  Savorelli  io  vidi 
ai  piedi  dell'alto  e  scosceso  dirupo  delle  irregolari  finestre  praticate  nel  tufo. 


SUTRI  —  DUOMO 


ALTAHE  DEL  SEC.  XVI. 


Fot.  I.I.  d'Arti  Grafiche) 


Sono  le  finestre  della  chiesa  della  Madonna  del  Parto,  certo  una  delle  più  strane 
di  tutta  la  cristianità.  Alle  falde  di  questo  monte  gli  Etruschi  praticavano  le  loro 
tombe  ;  se  ne  incontrano  dappertutto,  ampie  come  caverne,  spogliate  —  s' intende  — 
di  ogni  suppellettile,  rovinate,  deturpate  dal  tempo  e  dagli  uomini.  Molte  di  esse  ser- 
vono ora  di  porcile,  di  stalla,  di  stabbio,  dopo  aver  forse  servito  anche  da  sepoltura 
romana  e  cristiana,  e  attraverso  a  qualcuna  io  vidi,  dall'altra  parte  del  monte,  passare 
l'acqua    del    fiume  che  chiamano    La  Mola.  E'   un'acqua  sudicia,   nerastra,  limacciosa, 


SITUI  —  GROTTE  DELLA  MOLA. 


(Fot.  I.  I  .  d'Arti  ' . 


SITUI  —  AVANZI   DELLA  CHIESA  DI   S.  FORTUNATA-  vFot-  l-  *•  d'Arti  Grafiche). 


SUTHI  —  ROCCE  TUEONICHE  E  SEMINARIO- 


(Fot.I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


SUTRI  —  CASALE  FRANCOCCI  —  LE  MURA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


/ 


- 


_ 


n6 


ITALIA  ARTISTICA 


«lic  talvolta,  per  scoli  o  filtrature  di  terreni  forse  ricchi  di  ocra  gialla,  si  colora  biz- 
zarramente, ma  tristamente,  e  scorre,  con  un  giuoco  di  ombre  paurose,  tra  il  borracino 
o  le  erbe  larghe,  verdi,  villose,  di  quelle,  che  qui  più  che  altrove,  possono  chiamarsi 
davvero  morte  rive. 

Eppure  chissà  con  quanta  affettuosa  e  disinteressata  pietà  saranno  state  costruite, 
adornate,  dipinte1,  arricchite  di  suppellettile  preziosa  dai  nostri  lontani  ed  obliati 
progenitori  ! 

Queste,  in  cui  io  mi  accingevo  ad  entrare  adesso,  sono  state  relativamente  più 
fortunate;  esse  non  hanno  fatto  che  cambiare  la  forma  del  culto  e  della  divozione  e 
da  tombe  etnische  sono  diventate  chiesa  cristiana. 


SUT1U  —  SARCOFAGO  IN   PIAZZA    S.   FRANCESCO. 


Ma  quale  chiesa  !  scavata,  adattata  tra  queste  tombe  di  tufo,  umida,  sotterranea,, 
essa  ha  più  della  catacomba  che  della  basilica,  cui  pure  potrebbe,  per  la  sua  forma, 
essere  ascritta. 

Tale  qual  è  il  suo  pregio  consiste  appunto  nella  sua  originalità  e  nella  sua  alta 
antichità,   che  può  andare  dal  VI  al  IX  secolo  av.   Cristo. 

11  Dennis  racconta  che  quando  egli  venne  a  Sutri  (1842-47)  un  giovine  pittore 
stava  riparando  in  quella  chiesa  della  Madonna  del  Parto  l'affresco  dell'aitar  maggiore. 
Il  giovine  pittore  si  offrì  di  far  da  Cicerone  all'archeologo  straniero  e  gli  mostrò  lì 
nella  chiesa,  dietro  la  sagrestia,  una  porta  chiusa  che  disse  mettere  alle  catacombe 
di  Sutri.  Aggiunse  esser  fama  che  queste  catacombe  comunicassero  con  quelle  di 
Roma,  di  Nepi,  di  Ostia. 


si  mi   —   I.WM  ICO  l:n|;i,u. 


Pot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


SITUI  —  MURA  DELL'AMICO  BOHCO. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


SUTRI  —  TOMBE  ETRU5CHE  A   FONTE  FOGLIETTA.  (Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


SITUI  —  COLUMBAIUUM   S01MU   ALLA   MOLA. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


SUTRI         CHIESA   DELLA    MADONNA  DEL  PARTO         ESTERNO.  Fot.  1. 1.  d'Arti  < 


SUTIU  —  CHIESA   DELLA  MADONNA   DEL   PARTO  —  INTERNO.  (Fot  I.  I.  cFArti  Grafiche). 


140 


ITALIA   ARTISTICA 


Ora  io,  per  quanto  accuratamente  facessi  il  giro  di  tutta  la  chiesa,  non  vidi  nulla 

rassomigliasse  a  porta  chiusa  od  aperta  e  nessuno  sa  dove  sia  od  ha  visto  questa 
leggendaria  e  misteriosa  porta. 

J.e  catacombe  di  Sutri  sono  oltre  a  mezzo  chilometro  dalla  città,  prendono  il  nome 
da  S.  Giovenale,  chiesa  (Mie  un  tempo  sorgeva  lì  presso,  non  hanno  nulla  che  fare 
con   la   Madonna  del   Parto,  né  comunicano,  come  vien   detto,  con  quelle  di  Nepi. 

Uscendo  dalla   basilica  io  mi  fermai   ad  osservare  un  affresco  che  si  trova  in  una 


SUCRI    —  CASVLK  KiUNCUCGl   —  UllDn.HI   UKLL\    CHIUSA  DI  S.  STEFANO.      (Fot.  1.  I.  d'Arti  Grafiche). 


specie  di  vestibolo  e  che  dovette  essere  anch'esso  una  tomba  etrusca  di  cui  si  scor- 
gono ancora  i  loculi. 

La  mia  cortese  e  dotta  gu:da  —  Mons.  Gentili  —  una  di  quelle  persone  di  tale 
elevatezza  di  spirito  e  profondità  di  dottrina  quale  nessuno  si  aspetterebbe  mai  di 
trovare  nel. a  ignorata  modestia  di  così  p:ccoli  centri  e  che  formano  poi  il  ricordo 
più  gradito  di  tauto  il  viaggio  —  mi  spiegò  che  il  soggetto  di  quell'affresco  rispon- 
devi  ad  un'usanza  assai  comune  nel  Medio-Evo. 

Si  tratta  di  una  processione  al  Monte  Gargano,  e  si  vedono  delle  saette  che  sca- 
glia e  dal/arc  ere  contro  S.  Michele  ritornano  miracolosamente  sull'arciere  stesso.  Esi- 
stono qui  nell'archivio  di  Sutri  molti  testamenti  dei  secoli  XIII,  XIV  e  XV  nei  quali 
viene  lasciato  ali  erede  l'obbligo  di  mandare  una  o  due  persone  a  visitare  in  pellegri- 


!    I  l'i    R  I  A    Mll'.lhl'  ».\\\l  K 


naggio  il  Santuario  di  S.  Michele  .il  Monte  riargano  i    I 
una  \  «  l  duae  b<  >nae    per  •■  mai    ad  viscnd  I        um   S 

ad  Mollimi  Galganum in Apulia,       A  mpid< 

Ma  oramai  il  tempo  incalzava;  noi  salimmo  per  una  bella 


SL'TRI   —  CASALE  FRAXCOGCI. 


Liti  Grafi  : 


sul  ripiano  del  monte,  su  cui  spazia  grande  e  signorile  la  villa  Savorelli  tutta  cir- 
condata dal  verde  nerastro  dei  lecci  e  delle  querci  secolari  ;  e'  inoltrammo  ancora  un 
poco  verso  un  muricciuolo  che  fa  il  giro  del  ciglio  del  monte  ed  ecco  che  affaccian- 
domi, là  sotto  i  miei  occhi,  si  aprì  l'anfiteatro  di  Sutri. 

Piccolo,  ma    benissimo  conservato,  scavato  nel  sasso  stesso  della  montagna  che 
d'ogni  parte  lo  stringe,  sì  come  una  coppa  in  un  astuccio  profondo  e  verde,  colorato 


18 


142 


ITALIA   ARTISTICA 


dai  mille  colori  dell'erba,  dei  fiori,  coronato  in  alto  dalle  vive  e  naturali  colonne  dei 
lecci  e  delle  qùércì  nere  e  chiomate,  ha  per  azzurro  velabro  il  cielo  e  più  che  un 
rudero  sembra  un  capolavoro  artistico  della  meravigliosa  natura. 

L' importanza  archeologica  di  questa  epitome  del  Colosseo  è  grandissima  ;  e  la 
questione  se  esso  sia  etrusco  o  romano  è  stata  molte  vrolte  agitata.  Ma  gli  Etruschi, 
i  quali,  come  noi  sappiamo,  ripetevano  l'origine  loro  dall'Asia  ( Etniscos  Asia  sibi  vin- 
ilica! ),  furono  quelli  che  insegnarono  ai  Romani  —  oltre  alle  norme   aruspicine  della 


Sl'TIU  —  CHIESA  DELLA  MADONNA  DEL   PARTO  —  AFFRESCHI.  (Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


fondazione  delle  città,  i  primi  ordinamenti  sacri  e  militari  —  anche  ogni  modo  di 
architettura  e  fu  dal  nome  della  loro  supposta  patria,  la  Lydia,  che  i  giuochi  si 
chiamarono  ludi. 

Pure  ammettendo  dunque  che  questo  anfiteatro  sia,  come  alcuni  vogliono,  romano 
e  dell'epoca  di  Augusto,  noi  possiamo  esser  quasi  sicuri  che  esso  fu  ispirato,  lavorato 
e  diretto  da  artisti  ed  operai  etruschi.  L^na  particolarità  di  questo  anfiteatro  è  il  cor- 
ridoio a  volta  che  circonda  tutto  il  giro  dell'arena  e  al  quale  si  accede  per  le  porte 
del  podio. 

Sopra  il  podio  si  innalzavano  le  gradinate  interrotte  qua  e   là    da    firaecindicnes, 


'4  1 


ITALIA  ARTISTICA 


►assaggi  circolari,  per  facilitazione  di  assettamento  degli  spettatori.  Al  di  sopra  delle 
gradinate,  là,  dove  dalla  parte  della  villa  Savorelli  il  muro  scende  a  picco  e  nudo,  si 
vedono  ancora,  corrose,  delle  mezze  colonne  scavate  sul  vivo  sasso,  e  sormontate  da 
una  cornice.  In  questo  muro  e  da  questa  medesima  parte  sono  anche  alcune  vuote 
nicchie,  nelle  quali  forse  dovevano  trovar  posto  delle  statue.  Una  cosa  caratteristica 
è  che  ad  intervalli  regolari  ci  sono,  circa  a  metà  delle  gradinate,  come  delle  piccole 
alcove  con  dei  sedili  di  pietra  capaci  di  due  o  tre  persone.  Erano  forse  per  le  perso- 
nalità, per  le  autorità  del  tempo  !   Vomitori,  gradini,  quasi   tutto,   è  in  istato  di  buona 


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SUTRI 


PANORAMA  DI  VILLA  SAVORELLI. 


(Fot.  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


conservazione  e  ciò  è  dovuto  forse  in  gran  parte  al  fatto  che  tutto  l'anfiteatro  giac- 
que, ricoperto  di  terra  e  di  erba,  ignorato  a  lungo;  tanto  che  i  più  antichi  archeo- 
logi, come  il  Dempster,  il  Gori,  il  Buonarroti,  ne  ignoravano  l'esistenza. 

Quantunque  questo  anfiteatro  sia,  per  la  sua  poetica  ubicazione,  per  la  sua  con- 
servazione, per  la  sorpresa  che  reca  al  visitatore  cui  si  apre  improvviso  alla  vista,  una 
delle  cose  che  più  rechino  meraviglia  e  piacere,  pure  manca  ad  esso  quello  che  forma 
l' incanto,  il  pregio,  la  solennità  dell'anfiteatro,  quale  noi  siamo  abituati  a  concepirlo. 
Manca  tutta  la  parte  architettonica  esteriore,  ed  esso  rassomiglia  perciò  ad  un'opera 
in  costruzione  ;  rassomiglia  ad  un  piccolo  Colosseo  cui  gli  operai  non  abbiano  per 
pigrizia  mai  tolto  il  terrapieno  che  lo  vestiva  dalla  base  alla  cima  e  che  si  sia  perciò 
poco  a  poco  vestito  di  erbe  e  di  piante. 


si  i  i-.i         VILLA  SAVORE]  I  !■ 


Sl'TRl  —  CHIESA   ALLA  VILLA  SAYOP.ELLI. 


(For.I.  I.  d'Arci  Grafiche). 


146 


ITALIA    ARTISTICA 


Ciò  nonostante  fu  con  vero  senso  di  rincrescimento  che  io  ini  staccai  da  questa 

:   e    dolce  visione  del  passato;  e  di  tutti   i  ruderi  e  miracoli  di    architettura  del 

mondo    etrusco    romani»    questo  è    l'unico  di   cui   io  abbia  riportato  un  ricordo  in   cui 

sia    qualche   cosa    di    queir  indefinito   sentimento  che    noi   esprimiamo   con  la    parola 

«  soave  ». 

Il  palazzo  di  Carlo  Magno  e  la  grotta  che  prende  il  nome  dal  suo  più  celebre 
paladino  sono,  ahimè,  delle  vere  delusioni. 

L'uno  è  un  rudero  medioevale  sprovvisto  d'importanza  e  Tunica  cosa  che  po- 
trebbe sembrare  coonestare  ancora  la  residenza   del  re  dei    Franchi,  sacro  nelle    leg- 


gende dei  cavalieri,  è  che  tra  le  mura  di  esso  il  governo  tiene  adesso  lo  stallone  per 
la  monta!  L'altra  è  una  grotta  che  fu  forse  un  sepolcro  etrusco  la  cui  parte  anteriore 
è  sostenuta  da  un  pilastro  quadrato.  Dicono  che  là  Berta  desse  alla  luce  il  «  Furioso  ». 
Ma  Sutri  è  terreno  in  cui  la  leggenda  cresce,  a  quanto  pare,  per  produzione 
spontanea.  Io  ho  visto  incastrata  all'angolo  di  una  casa  una  testa  di  asino  o  mulo  che 
si  dice  essere  posta  là  a  guardia  di  un  nascosto  tesoro.  11  tesoro  fu  cercato  attiva- 
mente una  quarantina  d'  anni  fa,  specialmente  là  nella  vallata,  presso  un  diruto,  e 
spesso  percosso  dal  fulmine,  Casale  dei  Francocci,  ma  con  quale  resultato  non  occorre 
dire.  Così  Sutri  sembrerebbe  per  conto  suo  convalidare  Y  antonomasia  di  «  matcr 
super stitionum  »   con  la  quale  veniva  designata  l'Etruria. 


SUTR1    -  L'ANFITEATRO. 


'I  ot.  I  fiche;. 


Sl'TRI  —  L'  ANFITEATRO. 


(Fot.  I.  I.  d'Ar.i  Grafiche). 


148 


ITALIA  ARTISTICA 


Né  Pilato,  né  Carlo  Magno,  nò  Orlando,  furono  forse  mai  a  Sutri,  ma  quella 
testa  di  asino  che  accenna  a  un  tesoro  potrebbe  essere  un  gran  simbolo.  Il  tesoro  a 
Sutri  esiste  forse  realmente  come  forse  realmente  esiste  in  tante  altre  ignorate  o  tra- 
scurate località  di  questa  Etruria  meridionale.  Esso  è  forse  in  quelle  tombe  che  le 
frane,  le  alluvioni,  l'erba  e  le  piante  nascondono  adesso,  ma  che  sarebbe  pur  facile 
ricercare  e  trovare,  e  l'asino  è  il  buon  popolo  italiano,  siamo  noi,  che  questi  tesori 
possediamo  e  non  cerchiamo  e  curiamo. 

Ma  non  vogliamo  disperare,  né  turbare  con  la  melanconia  di  un  facile  scetticismo 
il  vario  e  sereno  ricordo  del  nostro  viaggio. 

Da  qualche  tempo  un  alito  di  vita  nuova  ha  cominciato  a  spirare  nel  campo  della 
storia  dell'arte  e  dell'archeologia  italiana. 


ROMA  —   PORTA  DEL  POPOLO,   DALL'ESTERNO. 


(Fot.  I.  1.  d'Arti  Grafiche). 


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